Non si muore tutte le mattine - Vinicio Capossela

Idemsentire è la parola del giorno. Non mi piace parlare o scrivere di argomenti già dibattuti da altri prima di me. Tutt'al più scendo in dettagli, prendo spunti e li declino a mio modo, sfascicolando a mio piacimento le opere in questione con una certa, spero, indipendenza critica. "Non si muore tutte le mattine" di Vinicio Capossela è, invece, un'eccezione. Emanuel mi aveva sempre consigliato questo libro, forse perchè intravedeva tra me, lui e il Maestro di Hannover un comune idemsentire appunto, una serie di affinità elettive nel modo di de-scrivere, nel vedere le cose oltre il muro della loro relativa normalità, nel giudicare l'inanimato come qualcosa di vivo, come un serbatoio pieno di potenziale, seppur taciuta, narrazione. Da par mio provo affezione per i cantori che si misurano con la scrittura, nel senso che concedo loro affetto come songwriters e ne rimango affetto quando si provano narratori e romanzieri di loro stessi. Nel mio piccolo so cosa impongono la metrica, il buon senso lirico, il facilotto orecchio popolano, i quattro quarti, le sette note, ecc... Certo, è un universo immenso che fa della poesia uno dei suoi terreni più fertili ma che, allo stesso tempo, trascura la prosa, fatta di parole di contorno, di contesto, di specchio, di abbellimento; parole superflue forse ma che rispondono alle domande su ciò che sappiamo, e soprattutto che non sappiamo, dei testi che ascoltiamo e leggiamo, nonché degli autori che li hanno composti.
Poi, leggere i cantanti è come ascoltarli recitare.
La mente legge ogni parola con la voce di chi l'ha scritta, ne rispetta la dizione, le pause, il calore, l'inclinazione dialettale, le peculiarità individuali, i silenzi, l'armonia...

La quarta di copertina, tra le altre cose, recita:"Vorrei che queste pagine si potessero prendere a etto, sfuse, a capitoli, a ognu
no la parte che gli serve, come dal macellaio." Ne approfitto allora, riportando ciò che, per diversi motivi, credo mi serva.




Io, del fascino di epoche lontane dall'immaginario e dalla realtà ma fondamentalmente vicine negli anni, ne ho solo un ricordo sbiadito, ero troppo giovane. Quel che me ne rimane però è la differenza che resiste tra le terre, le tradizioni, le politiche, le cartine geo-politiche, l'ESTetica.
Abbiamo occidentalizzato ogni EST possibile e, ciò che è peggio, abbiamo solo avvertito l'esigenza di portarvi qualcosa di nostro senza badare a, davvero, quello che io definisco
EST-etica, non solo intesa come bellezza intrinseca, ma anche modus vivendi di quelle terre che sì, solo oltre le varie cortine che ogni volta tracciamo per giustificare diversità che preferiamo evitare per paura forse di rimanerne contagiati, ma che troviamo anche nei sobborghi delle città in cui viviamo, nelle periferie. Lande escluse ed esclusive che non raccontano niente a chi non sa ascoltare né vedere ma che godono di un'unicità che, qualora ben colta, ha sapore di epico. Luoghi-altri come mi piace chiamarli, luoghi che non possono essere descritti da una fotografia; personaggi veramente in cerca d'autore, che non si possono raccontare per sentito dire; situazioni surreali vissute con dimestichezza, con regolarità.

E' stato difficile prendere le misure a NON SI MUORE TUTTE LE MATTINE perchè misure non ne ha, né d'altronde proclama di averne, ma una volta preso il via si è pronti ad intrufolarsi nel nuovo rocambolesco mondo che s'apre ad ogni capitolo. Ritrovarcisi, non credervi, sorprendersi, riderne. Un non-libro, tante lunghe canzoni in prosa, atti di teatro barocchi, visioni estemporanee. Se c'era una cosa che non mi aveva convinto era l'immagine in copertina, ma leggendolo a modo penso che sia l'unica adatta.

2 commenti:

Emanuel Gavioli ha detto...

Sono molto contento che ti sia piaciuto questo libro 'enciclopedico'. A me è servito, non poco, io l'ho trovata la parte che mi serve. Non è un libro per farsi compagnia questo qui, è qualcosa di più, è vivo e respira ogni volta che la sera me ne esco di casa. C'è tanto dentro questo libro, c'è un dolore che fa respirare le pagine, lo stesso Vinicio lo sa che ha fatto il furbo una volta di più delle carte che ha in mano, e ora ne parla della sua disgrazia. E' nostalgia infinita di chi vive fuori, ma fuori davvero ha paura di andarci...
Mi sento profondamente cambiato. Ho preso coscienza di molte cose. Vinicio Capossela è un artista maledetto. E come ha detto lui anni fa in una intervista: "forse certi artisti vengono chiamati maledetti proprio perchè ti fanno capire di preciso qual'è l'obbiettivo che hai mancato nella vita. Ho sempre amato le canzoni che ti costringono ad accenderti una sigaretta, quasi come se si dovesse soffocare una lama con un'altra lama..."
Io parlo citando le frasi più belle delle sue canzoni, mi convinco che abbia sempre ragione, e se mai un giorno mi capiterà di scrivere una lettera d'amore per una ragazza lo farò con la sensibilità e l'impegno che lui, e solo lui, mi ha insegnato ad avere.
Questa è la mia dichiarazione d'amore verso un uomo che probabilmente sta peggio di tutti, ma ci convive con un'eleganza che è inarrivabile.

Zuzù ha detto...

Intanto, per dire che sono io ad essere contento che tu m'abbia prestato questo libro che ora ti renderò!

E poi questo commento.
"Questa è la mia dichiarazione d'amore verso un uomo che probabilmente sta peggio di tutti, ma ci convive con un'eleganza che è inarrivabile."

Non lo so E, ma io non credo. Non credo che stia peggio di tutti, per certi versi credo invece che stia meglio di tutti quanti, consapevole com'è del buono e del bello che c'è dove nessuno cerca. E' uno stare meglio elitario, dannato, maledetto, ma molto, molto più interessante ed intenso.

Il baratto maledizione-intensità richiede stati d'animo difficili da definire. Non credi?

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