DIE BERTA, DIE: i pagelloni

DIE BERTA, DIE
(il Berta, il)


 È compito arduo prendersi l'impegno di stilare pagelle, e questo per alcuni motivi.
Innanzitutto perché nel nostro mazzo di carte c'erano solo assi, e la differenza nel dare un giudizio ad ognuno di questi è veramente minima. Secondariamente mi devo basare esclusivamente su quello che ho visto in prima persona quando in serate come quella di sabato bisognerebbe avere il dono dell'ubiquità,  stare con tutti e vedere ogni cosa. Ma purtroppo già è difficile rimaner presenti a sé stessi, figurarsi interagire con ciascuno dei propri compagni di festa.
Per cui non assegnerò dei voti, dirò solamente chi è stato il migliore in assoluto, quali sono stati i Top Players, e per tutti gli altri scriverò qualcosa che posso dire di aver condiviso con loro.
Buona lettura!

EL HOMBRE DEL PARTIDO

11.Limardi
Questo probabilmente moltiplica i pani e i pesci, e nemmeno lo sa. Vive il viaggio di andata in sordina perché gravato dal peso di una cagata mundial di cui si libera nella più sfortunata area di sosta del Trentino, poi di sera, come se stesse aspettando l'ispirazione, s'accende improvvisamente e dalla scintilla scaturisce l'incendio. Dopo il duetto improvvisato col musicante di strada, passeggia tra i locali della Kultfabrik neanche fossero i prati sotto casa, e continua a passeggiare per molto, molto tempo ancora... Toccato dalla grazia e da qualche Sant'alcolizzato in paradiso, Herr Professor Limardi riesce a districarsi tra tassisti dalle tariffe esose, turchi impizzati, pakistani sociopatici, tedeschi interdetti da cotanta ignoranza, e biciclette prese in prestito (tutto questo, ricordiamolo, con una carta d'identità scaduta), mettendo in chiaro, come se ce ne fosse ancora bisogno, che il Balotelli di Maranello è lui e che il futuro è roba sua.
Non è colpa nostra se noi siamo solo umani.
Due anni fa io e Santu ci dicemmo che, dopo averlo lasciato in prestito per qualche tempo ad una squadra di provincia, sarebbe stato pronto per una grande: beh, ormai non è più giusto chiamarlo "Nino Maravilla". Lo ha detto Sneijder di Strama, lo ripeto io di Cawa: questo è un fenomeno!
Di tutte le cose che ha detto/fatto, o che hanno detto di lui, la cosa migliore è citare suo padre non appena lo ha visto:"S'et fàt, imbezell?"


TOP PLAYERS

6.Sandro
Invitato da Berta in onore degli anni passati al Liceo, fortemente corteggiato da chi scrive, e lasciato libero dal Tottenham di partecipare all'Addio, guadagna sul campo i gradi di Capitan della compagnia. Di bianco vestito, i suoi abiti passano indenni viaggio d'andata, birrerie, shanck, wurstel, salsicce, club vari, cocktail e viaggio di ritorno. Addosso a chiunque altro di noi, questi capi, nella migliore delle ipotesi, avrebbero avuto tutti i colori della morte fin da Pozza. Impeccabile come il Franco Baresi degli anni d'oro, dirige la squadra con calma, usta e convinzione, trascinandola al meglio negli sconosciuti campi esteri. Se è vero che ha cercato di corrompere camerieri e tassisti con una faccia da culo che solo Sberla (ma questo rimarrà per sempre nel limbo tra verità e leggenda), il valore del suo cartellino prende ulteriore quota. Memorabile il dialogo con Cavani.
"È buon senso".

20.Luca
Come ha detto Mario, Lucaricchi ne mette a sedere parecchi. Il suo è un gioco tanto semplice quanto efficace: bere ogni cosa che il banco può vendere (specie quella non ordinata) e mandare tutto a carte quarantotto. Dalla birreria fino al Living Four, passando dalla conquista in carrozza di Marien Platz, si dimostra un'autentica forza della natura. Trova in Ché il compagno di reparto ideale, col quale conduce le danze tenendo la squadra altissima e costantemente a ridosso degli avversari. Lo stesso Ché in conferenza stampa dichiarerà:"Zeman, mi avevi detto che era uno tranquillo. Non mi sembra!"
Per parafrasarne gli stessi tormentoni, "non molla un cazzo", "domina" e il mattino seguente si sveglia "in mezzo a una strada"
"Vieni qua, L'OREAL!"

84.Ché
Signore e signori: uno sbandato di altissima categoria, illegal as usual.
Rallegra tutti comunicando che Fon non è della comitiva, quindi si mette la maglia della squadra con nome e numero amato e non se la toglie più, onorandola al meglio.
Le mezze misure sono per le quasi persone, Chè lo sa, per cui dà il massimo in ogni parte del campo. Inizia con le capriole in pulmino subendo il primo richiamo di giornata per gioco scorretto, prosegue con le capriole contro le vetrine dei negozi di Monaco, e chiude con capriole e danze a torso nudo nel locale metal della Kultfabrik, prendendo il rosso per somma di ammonizioni. Riesce infatti nell'ardua impresa di farsi cacciare fuori dallo stesso locale da un muletto umano per ben due volte, senza riportare nemmeno un graffio. Con Luca Ricchi forma un tandem fantascientifico da far invidia all'attacco del PSG, ma dialoga bene anche con altri compagni di reparto, i Nocerino e i Diamanti di serata, vale a dire Biorch e Danny. Se proprio dobbiamo spaccare il capello in quattro e trovare un difetto a Chè, e non ho dubbi, gli consiglio di andare a farsi vedere il culo da uno bravo davvero.
Vorrei mettere una frase caratteristica di Chè ma, come ha detto Berta, il problema è che Ché non ha parlato: ha bevuto, fatto capriole e scoreggiato.

78.Simo
Un barile di polvere da sparo. L'ennesima dimostrazione che "chi sa, sa", e questo nonostante le primavere che iniziano ad ammucchiarsi (così come i figli!) e nonostante una vita molto più ritirata rispetto a quella frenetica e semileggendaria di qualche anno fa. Quando è in manovra occorrerebbe renderlo innocuo, sparargli o almeno slacciargli le scarpe; in ogni caso qualcosa andrebbe fatto per placarne la furia: una vera macchina da guerra. Leader nato, mena le mani contro Berta nemmeno fossero pale di un mulino, è più fastidioso di una manica di zanzare incazzate, mi strappa tutti i peli compresi quelli del culo ma, allo stesso tempo, ha una parola e una battuta per tutti incluso il tassista ungherese.
Nel luogo più oscuro del Living Four mi salva la vita lui la salva a me ce la salviamo a vicenda non lo so, comunque ne usciamo vivi ed è già molto.
Dulcis in fundo, trova nel suo cuore da eterno soldato la tenerezza per affezionarsi al Riccardin nazional-popolare, proteggendolo come un panda, ed inviando agli organi competenti la richiesta di adozione.
"GALLERIAAAAA!!!"

I CAMPIONI

99.Biorch.
Un Ivanbiorch o Biorchivan, che dir si voglia, da titoli di testa in prima pagina. È nel vivo di ogni azione costruita nelle tre stagioni attraversate in questo viaggio, sì, perché siam stati via due giorni, ma quando siam partiti in Italia era estate, in Austria era pieno inverno e in Baviera la Primavera era in fiore, o per lo meno a me piace ricordarla così. Ha ceduto per qualche istante il passo ma si è riavuto completamente una volta arrivati in Germania, dimostrando di conservare di nascosto sempre lo stesso smalto dei tempi dell'Oasis e del Corallo. Si batte e si sbatte nel locale metal (di cui nessuno sa il nome) della Kultfabrik fino a seguire le sorti del fuoriclasse Ché, ossia essere gentilmente e ripetutamente accompagnato fuori. Da bravo Ministro dell’Avap trova anche il tempo di soccorrere una messa peggio di noi, e questo non era facile: chapeau.
Pare che io lui e qualcun altro siamo tornati a casa insieme, io però sto ancora cercando di fare la conta della gente che era in taxi con me, ed ogni volta che ci provo me ne cala uno o me ne avanza un altro: incredibile.
"Fate una revisione al culo!"

1.Kiki
Quando penso a Kiki mi viene in mente l'acqua cheta che rompe i ponti: una persona tenace e costante che opera nel silenzio, ma che arriva esattamente dove arrivano gli altri, e spesso in maniera più dirompente.
Sapendo che la vita è troppo breve per non bere fin di prima mattina, senza tanto né quanto si presenta a Pozza con un Giostyle di Josè, creando da subito quello spirito di aggregazione necessario per portare a casa un risultato ottimo e disastroso allo stesso tempo.
Partecipa alla congiura ai danni di Fon e anche questa decisione incide di peso sulla buona riuscita dell'Addio («Abbiamo fatto in anticipo il regalo a Berta per il matrimonio, abbiamo lasciato a casa Fon» riferirà ai giornalisti). In viaggio alterna momenti in cui è sul pezzo e sembra il serbatoio di un cinquemila ad altri di dormiveglia alcolica e temporaneo hangover; a Monaco si rende complice insieme ai suoi compagni tossicomani di camera dell'unico scherzo fatto all’albergo; alla Kultfrabrik, devo essere sincero, ho memoria di lui solo per un brindisi di Tequila (e questo non per demeriti suoi ma perché io non ero alla Kultfabrik, io ero in un'altra dimensione e ho un alcohol vacui esagerato).Personalmente lo ringrazio anche per aver cercato di sfellarmi una mano con lo scherzo del coltello, e per lo squirting in autogrill.
"Se incontro in Italia un tedesco che mi chiede informazioni lo mando in fondo al ponte di Olina".

7.Moro
Queste non sono le sue partite né questa è la sua squadra: va detto. Però gioca con una dedizione ed un attaccamento alla maglia davvero lodevoli. In coppia con Sandro tartassa la pulminista per tutto il viaggio di andata e, visto che è durato tre stagioni, non devono essere stati dei clienti simpatici per lei. A Monaco riesce, cosa più unica che rara, a sopportare gli scleri di Berta riguardo al mangiare, riducendo alla ragione il cameriere col riporto peggiore d'Europa e riuscendo a garantire a tutti il loro stinco quotidiano. Non so perché, ma ho come la sensazione che chi in centro a Monaco urlava: "Carla is a troia" avesse avuto un'imbeccata made in MaxMara, ma magari la mia è malizia (la Carla, per chi non lo sapesse, è mia madre).
Aneddoto divertente passato inosservato. Quando la più bella pulminista di sempre ha parcheggiato in autogrill, il nostro futuro sindaco se ne è uscito con un non troppo silenzioso commento, something like:"Ma come cazzo parcheggia questa?". Pensiero ad alta voce dell'eroina più paziente d’Europa, ma che lì, e solo lì è sbottata:"Ma cazzo vuole questo stronzo?"

9.Berta
Danny ha detto:"Non potevo mancare, specie perché si dice che quando si muovono Zeman e Berta insieme succede sempre un casino". Questo è vero, quel che non sa Danny è che non è che ci muoviamo assieme, il discorso è che partiamo assieme e, per qualche strana chimica, torniamo assieme, ma raramente stiamo assieme durante l'evento cui partecipiamo. O meglio, probabilmente siam vicini e stiamo pure facendo le stesse cose, ma di solito lo scopriamo qualche mese più tardi, e per caso. Tutto questo per dire che, a parte le cartelle e le castagne che non ho mancato di riservagli nelle gallerie, e a parte aver dormito in camera con lui (a ulteriore riprova che siamo realmente arrivati a casa insieme), l'ho perso più o meno a Monaco città. Credo che per mia fortuna, e sua sfortuna, abbia incontrato più volte Cassio sulla strada verso il banco dei bar delle discoteche, e questo, si sa, non è esattamente consigliato: JAGERBOMB!!!
Episodio curioso. Non appena svegli, domenica ore 9.30, mi ha chiesto:"Abbiamo notizie di Cavani?" Al mio no ha replicato:"Zeman, dormiamo fino alle 10.15. Se anche allora non avremo notizie, cominceremo a preoccuparci". Ma Cavani, che ne sa una più del diavolo, alle 9.40 era già a casa base.
"Zeman, il giorno che ti sposi tu ti organizzo l'Addio al Celibato a Denver!"

10.Fon/Cassio
Joe Cass ha cominciato a smadonnare alle 8 del mattino ai danni di Giblein, facendo intendere a tutti che non sarebbe stata quella che si definisce "una compagnia tranquilla", e questo mentre era al telefono con la morosa. Immaginatevi quindi l'insolita sequenza di "ti amo","ti amo tantissimo" detti dolcemente, e sacramenti vari sputati a decibel inconcepibili per quell'ora contro il nostro sindacalista preferito Gibellini.
Giunti a Pozza mette mano ai cocktail da lui pensati e riesce a combinare qualcosa di buono che evaporerà inspiegabilmente alla velocità della luce in uno dei tanti aperitivi che verranno fatti. Mancando Fon, ed essendo la maglia di Cassio del colore sbagliato, si prende il Diez che spetta ai fenomeni, si ricorda di tifare per l'ormai unica squadra italiana che dispone di un top player (il Pazzo di Prato), e fa diligentemente il suo, mettendo al servizio della squadra tecnica e fosforo. Nonostante la stampa e la critica internazionale provino a stroncarne il fare accusandolo di essere il metrosexual del gruppo, non molla nemmeno venti centimetri ad ogni dirimpettaio incontrato sulla sua traiettoria, arrendendosi solamente al secondo space burger, quello col chili, e alla visione di Spider Man III durante il viaggio di ritorno.
"Il lago Balaton esiste veramente, ed è in Ungheria, Zeman!" Cassio, alle 5 del mattino: il tipico dialogo tra due sbronzi.

4.Giblein
Il centrocampista che fa sempre comodo avere in squadra, quello cui se dai un pallone sa cosa farne. Fa onore alla casacca che indossa, rispettandone in pieno il numero. Si prende la responsabilità di finire il prima possibile il Borghetti perchè ha il sapore di trasferte Ultras e perché ritiene essere un po' come il Lavazza, ossia un surrogato del caffè della moka: come fare colazione altrimenti?
Dopodiché cerca di dare la quadra al gruppo insegnando i cori di guerra che verranno cantati durante la presa di Marien Platz, e qualche nozione di sindacalismo buona da attuarsi dopo la resa della città bavarese e l'instaurazione di un regime socialista.
Di tutti è quello che conosce Berta da meno tempo, per cui, anche a livello personale, sono stato molto contento di averlo visto in palla fino alla fine: uno degli ultimissimi ad arrendersi.
"Tutta la notte coca e mignotte!"

69.Marione
Assoluto protagonista del viaggio d'andata, beve di tutto come se non ci fosse un domani e, a forza di cori e urla, finisce la voce a Rolo. Di tanto in tanto devo ammettere che mi risuona ancora in testa il grido SPARTA SPARTA SPARTA!!! poi mi capacito che è tutto passato, che siamo tutti quanti a casa e tutti quanti vivi. È anche grazie a gente come Mario che questa volta alle Termopili non hanno vinto gli altri.
Da bravo sbandato qual'è, senza limiti e senza giudizio, decide di bruciarsi subito tutti i carichi e tutta l'energia, arrivando a sera sulle gambe (o sarebbe meglio dire: sulle ginocchia già di per sé abbastanza scassate) e al lumicino. Nonostante sia fisicamente KO e psicologicamente provato, prende parte ad ogni assalto sferrato dalla falange spartana ai nemici immaginari di Marien Platz, e tiene botta -stoico- anche alla Kultfabrick, scoreggiando in ogni locale con una sistematicità ammirevole. Non domo, la domenica intrattiene la banda a Innsbruck con cappello da cinghiale, gag e simpatia.
"HALLO!"

5.Italo
Uomo fondamentale nella realizzazione del progetto Addio al Celibato di Berta, trova l'albergo con molta più facilità e molto meno tempo di quelli che impiegherà Cavani. Entra nel salotto buono della compagnia del pulmino sedendosi al fianco di un animale, e assicurandosi anche la vicinanza di tutti i SeverinoCicerchia della situazione: tutt'altro che una scelta oculata. Clinicamente a quest'ora dovrebbe essere morto, la sopravvivenza a tutta la puzza che ha dovuto sopportare è un mistero anche per la medicina moderna. Per quanto mi riguarda posso dire poche cose su Italo, eravamo spesso in parti lontane del campo e non ci siamo visti molto, ma una cosa posso dirla. Ogni volta che entravo in un locale e guardavo a banco, là c'era Italo, stava arrivandoci o stava andandosene. Una presenza rassicurante.
"Se mai dovessi avere un figlio, vorrei che fosse come Cavani."

0.Danny
Il buon Daniele è l'innesto che non ti aspetti. Le trattative di mercato con le quali s'era cercato di arrivare a lui erano state incerte fino all'ultimo, poi si son risolte al meglio, e la squadra ha potuto contare su un uomo di fatica buono per tutte le stagioni. In tempo zero intende gli schemi di gioco di compagni più abituati di lui a remare dalla stessa parte e s'adegua senza troppe difficoltà, specie con quelli con cui può ballare un po' di roghenroll: Biorch e Ché.
A parte in pulmino, dove s'attiene alle indicazioni del Mister riguardo il bere quanto più possibile prima di uscire dall'Emilia Romagna, perdo i ricordi di lui immediatamente dopo la combo di scoregge esalate, quasi fossero il respiro della morte, una volta saliti a bordo del pulmino diretto alla Kultfabrik. Entusiasmante la corsa sotto la megafontana bavarese: davvero una mossa da idioti fatti e finiti, non da tutti; pregevole il salvataggio effettuato con Biorch della povera ragazza sfasciata al suolo; e assolutamente stupendo la performance nel locale metal.
"Rock on!"

Katia
Della Katia si potrebbe parlare in lungo e in largo, sopratutto in largo, ma vorrei ricordarla solo in un modo. Al telefono con qualcuno dei suoi parenti ha detto (testuali parole sentite con le mie orecchie):"Lo sposo è andato giù di melone e non lo trovavamo più."
Non ha nemmeno capito chi si sposava ed era convinta che si sposasse Cavani, anni 20: dobbiamo essere contenti che ci abbia accompagnato un conclamato Premio Nobel.


Bravi tutti ragassi, mi sono sputtanato.
Un più, perché un più non si nega a nessuno, specie in questi casi, a chi a Innsbruck è stato protagonista di questa battuta.
VIVA L'ITALIA!
VALLO A DIRE ALLA MERKEL...

Bravi tutti

Venerdì 18 Novembre, Castelfranco Emilia.
Reunion della band VD Tassoni.



Francesco Checco Cremonini: voto 6+. Bassa considerazione per il papà di Panzano, detto anche Papànzano causa la sua discutibile scelta di abbinare Weiss e mascarpone. Da dimenticare come affronta la cena nel primo tempo di gioco. Per il resto si destreggia con consumata maestria tra le linee, illuminando con battute di spirito e riflessioni degne delle migliori perle della rubrica della Settimana Nimmistica "Risate a denti stretti". Conserva sempre lo stesso smalto di sbandato da cabò al GrandEmilia.
Da segnare nel taccuino:"Forse sono un po' ubriaco" mentre cercava, senza successo, di inserire le palle del biliardo nel triangolo. Da questo deriva il +, anche perché un + non si nega a nessuno, come diceva il mentore di tutti noi.

Saverio Verra/Savio Verrascina: voto 7. Coinvolto più volte in gioco da Capitan Zuffi, cerca di stare sul pezzo senza perdere la bussola. Il voto alto è meritato non solo per aver sostenuto uno Zeman stremato in fase di biliardo alcolico ma anche per: 1) non aver mollato nemmeno un centimetro davanti al freddo assassino della bassa campagna di Castelfranco e i continui esperimenti fotografici di Bobbit; 2) aver accettato da bravo gregario la scelta di convertire il ritrovo in una grande serata antifiga.

Gianluca Bobbit Gozzoli: voto 7-. Il rappresentante non si smentisce mai. Nessuna promessa fatta durante i suoi comizi elettorali pre-cena, nessuna promessa mantenuta. Il suo classico stile "lascio che faccia tutto la Daniela Dondi anche e soprattutto quando non c'è" non è andato in vacanza. Tuttavia partecipa ad ogni azione dando il suo contributo di intelligenza e lucidità, maturata in anni e anni di gestione di poveri sbandati. Il - deriva dallo scellerato uso della macchina fotografica, rivedibile tanto quanto il menù scelto da Checco.
Scusa da parte di tutti noi se hai speso 20 euro a cena, quando probabilmente se non avessimo preso 92 birre a testa ne avresti spesi 10. Scusa ma mi dovevo vendicare per le tutte le tue cazzo di interrogazioni programmate che mi sono costate svalangate di 5 1/2.

Francesco Chicco Zuffi. Voto 10. Come ai bei tempi, chiama lo "schema palla a me" e decide tutto lui. Schieramento, menù per le persone normali, ordini del giorno, mozioni, j'accuse di serata, pugni da distribuire a Zeman ad ogni accenno di battuta, sfottò a Verra. Gli anni si fanno sentire, specie per questo sale & pepe che lo rende affascinante come mai, ma per il pallone d'oro è più che mai in corsa. Bisognava appuntarsi ogni battuta neanche fosse Gesù Cristo e noi gli apostoli. 7 ore di partita giocate al massimo.
Nella conferenza stampa post-match ha rilasciato dichiarazioni volte a schernirsi, a ridurre questo entusiasmo nascente dei tifosi cresciuto intorno a questa nuova realtà che punta a campionato, coppa e cazzi a mazzi. "Non ci vediamo da anni, non è che ora usciremo ogni venerdì." Un po' come dire che giochiamo per salvarci.
Non è così? Peccato. Veramente un peccato.

Bravi tutti, mi sono divertito a bestia.
Grazie ancora.

Garfagnana (Toscana)

Anni fa andai a Marina di Massa svalicando l'Appennino Tosco-Emiliano.
Scoprii un percorso molto affascinante, e attraversai una terra selvaggia, fatta di paesaggi a tratti rigogliosi, a tratti austeri, quasi lunari. Ciò che colpiva era notare come tutta quella zona (che più tardai imparai a chiamare col suo nome, ovvero "Garfagnana") fosse densamente spopolata, come se l'uomo avesse fatto fatica a insediarvisi, a vincere la Natura e a sottrarre spazi alla macchia.
Aperta questa nuova via, ogni volta che rincasavo da qualche viaggio in Toscana (fossero anche territori più a sud, come il Chianti Fiorentino o il Chianti Senese), cercavo sempre di attraversare la Garfagnana, di rivedere quei paesaggi che tanto mi avevano incantato anni prima, per cui Castelnuovo di Garfagnana rientrava sempre tra le tappe dei miei itinerari, essendo al centro di tutte le strade che salgono o scendono questa zona.

Tuttavia non ero mai riuscito a fermarmi, a fare una sosta di qualche giorno, ad esplorare quel che per me continuava ad essere solamente una terra di passaggio.

Son riuscito a fermarmici in questo lungo week-end, curioso come non mai di vedere ogni posto che avevo solamente intravisto da lontano, di corsa, in macchina o su qualche guida turistica.

Cosa dire?
Si tratta di un'Altra Toscana, diversa, completamente differente da quella storico-turistica tipica di Firenze, Siena, Pisa e Arezzo; in Garfagnana il vero protagonista è la natura, ma il vero nemico è l'uomo. Le montagne, sia che siano gli Appennini o le Apuane, sono maestose, impressionanti, fanno la loro immensa figura. Ma i paesi, i borghi, fatta eccezione per uno o due, sono miseri, con pochissime attrattive e quelle poche che ci sono non sono curate, sembra quasi che agli abitanti non importi nulla di mostrarle a chi potrebbe esserne interessato


Castiglione di Garfagnana

Castiglione è il primo borgo che si incontra scendendo dal Passo delle Radici. Il panorama tutto intorno, specie d'autunno, è delizioso. Le montagne calano d'altezza e disegnano cornici soavi ai tetti delle case e alle rocche della fortezza. Molto suggestivo anche l'effetto della nebbia che dirada lungo le vallate sottostanti.
Peccato che non richiami turisti, che non abbia nessuna attività preposta a promuovere né il villaggio medievale dentro le mura né il paesaggio circostante, in vero povero anch'esso di specialità, ma meritevole d'essere visitato, se non altro per mirare da vicino un bellissimo ponte medievale, collocato lungo una scarpata poco fuori il paese. segnalato quasi per errore, e accessibile solo dietro richiesta agli abitanti del posto.

Ponte medievale - Castiglione di Garfagnana


Spostandosi verso la valle del Serchio, si può girare a destra imboccando la strada che porta a San Romano in Garfagnana. Una piccola deviazione e si arriva al Lago di Pontecosi, ovverosia una grande ansa dove il fiume Serchio s'allarga, creando un discreto bacino d'acqua, in corrispondenza del paesino che gli dà il nome, Pontecosi, appunto.

Lago di Pontecosi

Sono stato fortunato nel trovarlo in quella che forse è la sua stagione più bella, perché più ricca di colori, i quali si riflettono nelle acque placide del Serchio. Con molta fantasia sembra di essere nel Maine di Dawson's Creek. Tuttavia a parte il bel camminamento che circonda il lago da una parte e dall'altra, il piccolo paesello presenta quelle stesse caratteristiche che contraddistinguono la Garfagnana tutta, ossia uno spiccato senso di "lasciato andare", di incuria. Il ponte sul Serchio è orribile, non tanto per la sola corsia da cui è costituito (cosa che non rappresenta un peccato capitale, anzi, potrebbe addirittura risultare caratteristico se ben tenuto), bensì perché è brutto, sta male, è un ecomostro di dimensioni limitate, ma pur sempre un ecomostro rimane.


Fortezza delle Verrucole (San Romano in Garfagnana)

Dabbasso ci si immagina una fortificazione imponente, che quasi richiami in termini di immaginazione (con le dovute proporzioni) quella della muraglia cinese.
Una volta saliti in cima, anche in questo caso lungo un viottolo molto carino immerso nel verde e dai bellissimi scenari tutto intorno, ci si perde nel nulla dell'abbandono. Negli spazi di questa fortezza voluta a suo tempo dagli Estensi (forse gli unici ad aver fatto del bene a questa terra) non c'è niente se non un muletto, un palco incustodito, e cartelli che vietano l'ingresso alla rocca. Un disgraziato potrebbe cadere dai bordi, oppure ammazzarsi: nessuno se ne accorgerebbe. Complimenti a chi ne "ha cura", complimenti vivissimi.


Vagli Sotto

L'idea di visitare Vagli Sotto nasce dal desiderio di intravedere la sommità del campanile di Fabbriche di Careggine, il paese sommerso dal torrente Edron, affinché fosse possibile sfruttarne le acque costruendo una diga.
Proprio qui, a Vagli Sotto (che saluta i commessi viaggiatori con una bellissima scultura in marmo, che risulta stonata rispetto al paesaggio perché troppo bella rispetto a tutto "il brutto" intorno), si capisce che sarà sicuramente colpa dei Garfagnini se la loro terra è così malridotta, ma risulta anche certo come si tratti di una popolazione e di una regione trent'anni indietro.
Io, un biliardino come quello ritratto in foto, erano anni che non ne vedevo uno uguale.
Ma oltre a questo, l'unica cosa che mi rimane di Vagli Sotto, eccezion fatta per il campanile del paese sommerso che non sono riuscito a vedere, è la desolazione di Vagli Sotto, e dei ragazzi del posto che si trovano dal benzinaio perché è probabilmente l'unico spiazzo in grado di accogliere i cinque giovani che ho visto e dare loro qualcosa. Che brutta vita, mamma mia.


Isola Santa


Questa foto dice tutto.
L'Isola Santa è tanto bella da vedere mentre la si costeggia, tanto brutta da visitare.
Un solo aggettivo le calza bene: spettrale.


Barga

Barga si presenta come un paese targato da bandiera arancione. Questo fa ben sperare. Abituato ai borghi caratteristici della Toscana visitata negli anni e nei mesi addietro, quella del "Chianti Shire", quella in cui ogni paese, anche quello che ha meno da mostrare (uno su tutti, dico San Quirico d'Orcia), contavo, in virtù di questo riconoscimento ufficiale, di trovare un bel paese. Della Garfagnana è sicuramente il migliore. Il Duomo e la rispettiva balconata sulle Apuane sono molto, molto belle. Poi Barga finisce lì e non offre altro, se non una possibile visita a Castelvecchio Pascoli, frazione vicina dove un secolo fa dimorò il Poeta Pascoli.


Castelvecchio Pascoli

Bello: niente da dire. Se non fosse così disadorno, sarebbe il borghetto più caratteristico che ho visto in Garfagnana. Immerso nella campagna, belli i voltoni, i colori, le case in pietra. Oltre a questo, ovviamente, non c'è niente.


Grotta del vento

La Grotta del Vento è l'attrattiva più pubblicizzata di tutta Lucca e di tutta la Garfagnana. Non c'è posto in cui non vi sia il relativo depliant. Arrivarci però è una vera impresa. Tanto particolare è il viaggio sotterraneo, tanto inusuale, per non dire "pazzesca", è la strada che porta alla Grotta del Vento. Dopo venti minuti di strada tutta dissestata e tutta curve che parte da Gallicano, vedere finalmente un parcheggio (lascia che costi tre euro, che pago volentieri purché per almeno un'ora non mi facciate più pensare alla strada che ho appena percorso) e della gente in carne ed ossa fa tirare un sospiro di sollievo.
La visita della Grotta è incredibile.
La Guida sa quel che dice e si fa ascoltare e seguire.
Ricorderò per sempre la Grotta del Vento, quando si spengono le luci che accompagnano l'escursione sotterranea, si può vedere (o forse sarebbe meglio dire "non vedere") il buio assoluto, il nero più nero che ci sia.


Eremo di Calomini
Dalla foto ricorda l'eremo della Pietra di Bismantova.
Per capirlo meglio però bisogna andarci: surreale.

Della Toscana mi mancano la Maremma e l'Argentario. Ogni altro posto posso dire di averlo visitato, di esserci stato o di averci passato almeno una notte. Continuo a credere che non sia nessuna città bella tanto quanto Siena e che San Gimignano sia il più bel borgo che abbia mai visto. Ma rimangono impresse anche Montepulciano, Cortona, Volterra: tutti paesi magnifici, in cui gli occhi non si stancherebbero mai di guardare le meraviglie che vengono offerte alla vista.
La Garfagnana invece è strana, ti colpisce, nel bene o nel male, ma ti colpisce.
Nel bene perché ha davvero tantissime potenzialità; nel male perché nessuno le sfrutta, o è incapace o disinteressato a farlo.
Peccato, un vero peccato.

I cinque dischi che non tolgo dal lettore.



Rubo il titolo della rubrica di Mucchio per parlare un po' di musica.

Il tempo è tiranno e non ne ho molto per dedicarmi ad un maniacale ascolto di dischi nuovi, band emergenti del sempre più misero panorama indie (che comunque sono poco più di un "bai ed càn"), intuizioni o imbeccate di qualche giornalaccio di tendenza che mi segnala l'ennesimo cd da zero a zero.

Mi piace di più sciupare le orecchie ascoltando con grande attenzione qualcosa di nuovo ma profondamente elaborato, qualcosa di vecchio che sia usato e sicuro, o qualcosa di nuovo che suoni come qualcosa di vecchio, purché abbia stile, come dire che se fosse un'automobile sarebbe una Golf (bellissima quella pubblicità che diceva:"Dopo vent'anni capisci che tuo padre aveva ragione").

Della prima categoria fanno parte i Vessels il cui album imprescindibilmente nel mio lettore si intitola HELIOSCOPE. Non so niente di loro, se non che suonano un post-rock particolarissimo, veloce in termini di struttura, una struttura che viene ribaltata di continuo, con improvvisi cambi di tempo, e una totale assenza di una linea melodica chiara che identifichi il concetto di ogni singola canzone.
Queste band andrebbero protette come fossero cuccioli di Panda: in realtà le conosco io, Berta e quelli che ci suonano.
Chissenefrega: per mia fortuna ho un nuovo gruppo da inserire nel mio personale Gotha Post Rock, a fianco dei Sigur Ros, degli Explosions in the Sky, dei Mogwai e dei God is an astronaut.
Consiglio: Trap e Monoform.

Qualcosa di vecchio, un usato sicuro.
Qualche settimana fa ho mandato in merda il disco fisso del mio vecchio pc, la cui unica funzione era rimasta quella di archiviare tutta la mia musica prediletta. Fortunatamente ho preso solo un grande spavento, e tutte le mie miniere di dischi sono state fatte salve dagli informatici di Maranello.
Non so come abbiano fatto, se con la fantascienza o con la stregoneria, sta di fatto che mi hanno riportato dal regno degli inferi dei microchip tutti i miei adorati gruppi, i quali avevo già dato per dispersi, tant'è che avevo scritto sulla mia lavagnetta bianca degli impegni presi e da prendere:
DISCOGRAFIE DA SCARICARE ASSOLUTAMENTE E CON URGENZA
- Explosions in the sky; - The National; - Sigur Ros.

Grazie a Dio sono tornati tutti all'ovile, ma ne ho dimenticati altri, di gruppi fondamentali nell'educazione di un uomo. Per esempio i Massive Attack.
Blue Lines e Protection sono due album strepitosi.
Linee di basso magnetiche e incantevoli, legate assieme da trame elettroniche scarne ma essenziali; il tutto contornato da una regia sapiente di strumenti classici.
Chi ha scritto Teardrop o Unfinished Sympathy per me può anche dirsi padrone del vapore.
MEZZANINE - Massive Attack (questa è la tracklist: formidabile).

C'è un detto che recita che nessuno mette il succo nell'uva, modo come un altro per dire che nessuno riesce a fare cose impossibili. Nessuno tranne i Cure, forse. Piacevolmente ripresi in carico dopo aver trovato questa bellissima cover di Lullaby rifatta dagli Editors, ho messo in loop DISINTEGRATION: sticazzi.

God is an astronaut.
Questi non hanno mai vinto nemmeno una biro.
Semisconosciuti, Wikipedia dice di loro le stesse cose che diceva quando era in lock-out, ovvero poco e niente, però per me sono pietra angolare. Già citati in precedenza in questo stesso intervento, ho riesumato ALL IS VIOLENT, ALL IS BRIGHT, perché ho scoperto che c'è qualcun altro oltre a me ad essersi accorto della poeticità dei titoli delle loro canzoni. Tanta profondità, mondi visionari, l'idea che puntino qualcosa, che vogliano lasciare tracce del loro percorso.
E poi il paradosso: un gruppo strumentale che "rimane" per le liriche "non liriche".
L'omonima: All is violent, all is bright.

Ho letto uno status che mi ha fatto sorridere: KEEP CALM, NOEL GALLAGHER IS BACK.
Non siamo di certo alla fantascienza, ci mancherebbe.
Però come è vero che viene sera a casa di tutti, è anche vero che Noel non ha una gran voglia di addormentarsi prima di aver sparato tutte le frecce che ancora gli rimangono, contando sia quelle ben affilate, sia quelle da spuntare o anche solo quelle da recuperare.
In una scala da 1 a 10, io do a Noel un bel 6/7.
Non c'è nulla di nuovo, niente che non sappia di già sentito, ma è tutto orchestrato con maestria, suonato con cura e senza pena di ostentare niente. Quello è, né più né meno, però è qualcosa di genuino, di studiato con calma ed eleganza, con quello stile, insomma, di cui parlavo nella postilla iniziale.
Qualcuno mi ha detto che gli Oasis sono stati i Ligabue di oltremanica, e che Noel, di sicuro il fratello capace, sia rimasto il miglior esponente di questo paragone.
CI ho pensato molto e non sono per nulla d'accordo.
Noel Gallagher innanzitutto ha una conoscenza spaventosa della musica, la cosa traspare dal come imposta i pezzi, da come divide, pur nella sua semplicità, i tempi e le battute di ogni singola canzone. In secondo luogo, non credo sia il Best Songwriter della sua generazione come qualcuno lo ebbe a definire, ma ha una grande astuzia nell'indovinare le parole, nel farle suonare all'unisono con la musica: capacità più unica che rara, quella di stringere indissolubilmente i due capi della corda.
Credo possa diventare come è stato l'ultimo Johnny Cash, ossia un vino vecchio, che più passa il tempo più fa il gusto intenso, qualcosa da assaporare con calma, lontano da tutti giudizi o dai pregiudizi di chi cerca facili paragoni con la band del fratello o con gli Oasis.
NOEL GALLAGHER'S High flying birds e questa è AKA... Broken Arrow.


Tutti Artisti - Woodruf's Pub, Formigine 30/09/2011

A parte qualche rara eccezione parentale o estemporanea, mi sono sempre esibito con gli amici di una vita, indipendentemente dal fatto che fossero o meno capaci di suonare o avessero qualcosa di interessante da mostrare.
Fino a qualche settimana fa, quella con Gav era un'idea in fase embrionale, un "sai cosa potremmo fare un giorno?", un progetto ancora in cantiere, nato ai tempi di Emilia Ruvida, ma ancora senza una forma precisa e definita.
Ne avevamo parlato quest'estate in Baracchina e ne avevamo ridiscusso ad inizio Settembre, senza però darci date o impegni, giusto così, tanto per parlare, che magari ci sarebbe stata occasione, prima o poi, di fare qualcosa insieme.

Potrei spiegare la genealogia dei due pezzi che abbiamo eseguito ma, se facessi così, questo intervento diventerebbe più noioso che utile.
Ci tengo però a ringraziare -senza di loro non avremmo fatto bella figura- chi mi (e ci) ha dato buoni consigli (ossia Fonzo, Max e Dom), chi ci è venuto a vedere/sentire (Berta, Ché, Cawa, Baiso la Benny, la Miriam e l'Ile) e chi ha coniato un nome per il duo: UNA TRAGICA MENATA.
Grazie, Luca, mi fai sempre ridere.

Emanuel Gavioli.


Una cattiva critica ha spiegato gli scritti di Emanuel con un semplice: "letto uno, letti tutti".
Si sarebbe potuta esprimere con termini più felici, ma le va riconosciuto di aver toccato un nervo non poi così tanto scoperto, su cui han battuto in tanti, ossia quello di una certa monotonia nei temi raccontati da Gav. Eppure, io lo so perché vi ho a che fare molto più dei tanti altri, Gav ha da mo' voltato gallone verso strade diverse, qualche volta più divertenti, e qualche altra più intraprendenti, più riflessive.
Con la maestria dei fuoriclasse ha giocato d'umiltà, sottoponendosi al giudizio severo di chi legge o scrive per davvero e per professione, sacrificandosi ad un labor limae da cui tanti -che vanno a concorsi, che scrivono su giornali e giornaletti, che aprono e chiudono blog di continuo giusto per raccontare con parole vomitate a casaccio dallo Zingarelli quanto fa schifo il nuovo disco de I CANI- si guardan bene.
Gav ha portato all'attenzione di un ridotto ma attento pubblico una "fola triste", ovvero un'incantevole favola dal finale acre alla Serious Man (definizione azzeccatisima di Dom), intitolata "Margherita e il vento", alla quale ha fatto seguire "Pance", un aneddoto brillante della vita vissuta dalla versione Jekyll di Emanuel, quello divertente, quello troppo spesso adombrato dal suo alter ego cupo e pessimista (purtroppo, ahimé, quello più noto al pubblico). Come ebbe a dire quel terrone disadattato in Baracchina:"Bella vita che fa 'sto RAVIOLI, si sbronza e scrive..."

Come spiazzare tutti, ripartendo da sé stessi e da quel che si sa fare meglio: tanto di cappello!
Gav sarebbe potuto uscire dalla porta e rientrare dalla finestra, voglio dire che avrebbe potuto leggere qualcosa più nelle sue vecchie corde, dando magari ragione alla cattiva critica di cui sopra, ma non lo ha fatto, e ha fatto bene, meglio di così non avrebbe potuto fare.

Di mio ho cercato di suonare qualcosa che potesse abbinarsi a quello che avrebbe letto, che stesse bene rispetto ai racconti, che non fosse invasivo ma che allo stesso tempo desse agli ascoltatori quel sovrappensiero mancante dalle mere parole, quella scia musicale lungo la quale farle correre senza tempi morti o intoppi vari. Un arpeggio in delay alla Mogwai e un bluesettino vecchia scuola. Perché alla fine, che a me risulti, i Mogwai e il Blues non deludono mai. Spero di aver fatto un bel vestito a questi racconti.

C'è chi mi ha detto:"Siete stati bravi, non credevo, sai?"
Si tratta di un commento onesto che dice tutto, tutto quello che poteva essere un pregiudizio scalzato senza troppe feste da un'esibizione scarna, sincera e intensa, di chi gioca facile sapendo che farlo non lo è.

Nicolò Gianelli.


Belli i testi, quella genialità pura di chi non si fa influenzare da nessuno, di chi pensa e scrive così non tanto perché sia bello, ma perché gli vien comodo far così, perché gli è naturale muoversi in questo modo. E oltre a questo gli vien molto più che bene, gli viene divinamente.
Rimane il fatto, non me voglia Jean, che i suoi racconti crescono le sue poesie di quel po', a mio avviso.
Una postilla per nulla artistica. Jean piace o non piace, non lascia indifferente nessuno. Delle due, l'una: è molto facile che si renda antipatico a molti. A me però piace, e in rassegne di questo tipo è indispensabile. Diverte e si diverte, fa gruppo, sente l'evento, sente l'amicizia. Se davvero qualcuno lo trova antipatico, vorrei che un sacco di gente mi stesse antipatica.


Matteo Penta e Giovanni Gigliano.


Padroni di casa ineccepibili. Mi hanno messo a mio agio come poche altre volte mi è successo. Tanto per non fare della polemica, son stato a Feste dell'Unità di Sozzigalli vari e son stato trattato molto peggio. A gente che ha la volontà e lo spirito di mettere a disposizione un locale per manifestazioni di questo genere andrebbe data una medaglia al valore artistico.
Io li avevo già sentiti parecchie volte ma, come ho fatto presente anche a loro, mi sono entrati in testa, e l'ultimo pezzo che hanno eseguito venerdì, credo si chiami "Il Parto", è fenomenale.

Polisco.
Non so perché ma ho il suo cd.

Degli altri, mi dispiace, ma non ho memoria, un po' per l'alcol, un po' perché ero emozionatissimo ed ero spesso fuori a fumare.
Grazie a tutti, mi sono divertito a bestia.
Un ringraziamento speciale al runner/roadie/photographer Fonzo.

Le dieci foto più belle dell'estate

Su proposta di un sempre attento Emanuel Gavioli, ecco le dieci foto più significative della mia estate e di chi ha avuto la fortuna, o forse sarebbe il caso di dire "la sfortuna", di avermi nei più stretti paraggi. Non è detto che ogni foto sia esteticamente superiore, o semplicemente bella, hainvece valore per il ricordo, è memorabile in quanto tale, perchè riporta la mente di chi c'era a quel preciso momento.
A fianco, in alto a destra del blog, è possibile votare quella che preferite.

COSTAIOLA ON THE ROCK by Fonzo

Giugno - Solignano di Castelvetro - Costaiola on the rock.
Foto di gruppo nell'arco di una serata di cui ricordo solo,oltre l'ultima esibizione dei Porci di Circe, di essermi deliberatamente lanciato in mezzo ad una siepe per poi caracollare sul ciglio della strada; di aver trovato, l'indomani mattina di quella turbolenta serata, la mia felpa Converse da battaglia inzuppata di tutto il lambrusco che El Carnicero aveva ben deciso di svuotarmi addosso, e rammento sì e no di esser stato immortalato in questa foto.
Ah! Giusto, anche lo sconto sulle merdosissime pizze de "Le Schifose" (l'unico forno di Maranello ad essere aperto nottetempo), fa parte di questa avventura di inizio estate.


TENNENT'S & KARAOKE by Miriam

Giugno- Marina di Massa - Da Brizzi
Di diritto nella bacheca delle mie foto più belle di sempre. Purtroppo non ricordo cosa stessimo cantando io e il Nino Maravilla Cawa (mi auguro che il mio socio di live estemporanei abbia buona memoria), sta di fatto che da Brizzi parlano ancora del nostro come uno dei più bei show mai visti e sentiti.


KRAPAC by Miriam

Giugno- Marina di Massa - Da Brizzi
Quando Cawa ha iniziato a urlare:"Siete dei maniaci!" mi ha fatto morire, poi, come direbbe Santu, son morto veramente.


RIPORTANDO TUTTO A CASA by Miriam

Giugno- Marina di Massa - Di ritornoChi c'era, sa.

Abbiam portato a casa: un pattume targato Sammontana, una sedia (che però Berta ha furbescamente catapultato nel cortile di un suo vicino di casa), uno specchio, un cartello stradale (che ora fa la sua bella figura in Baracchina a Maranello), una bici distrutta e un conto salatissimo c/o Mario Bici (epocali le parole di Berta quando è andato a pagare il biciclettaio matto:"Son venuto a riprendere la bicicletta più divertente che hai aggiustato oggi").
Oltre a questi giusti furti, ricordo bene il Mare Blues, i sommelier che offrivano vino bianco a Cawa, la paura dello stesso nell'affrontare le gallerie della Cisa, il pattume in cui siamo finiti mentre Berta ci tirava addosso sacchi pieni di monnezza, Giuà, il naturismo che mi aveva colto dopo mezzora di vomito ottimo e abbondante, la telefonata a casa, Brizzi e il suo:"Non potete cantare solo voi!", la Miriam in versione thailandese, il mare, il guardiaspiaggia, gli sproloqui comuni, e infine un viaggio che pareva eterno verso Maranello, pronto ad affrontare a viso abbastanza scoperto un matrimonio pesissimo, del quale non avrei capito niente e in cui mi sarei ripreso solo ad ora già tarda.


PAVULLESI VOLANTI by anonimo

Luglio - Villafranca di Verona - Concerto dei Gogol Bordello
Mi è dispiaciuto aver deluso il buon Alle D'Andrea che sperava che con il live, i Gogol Bordello potessero centrare il mio interesse. Purtroppo non è andata così. Appena trovato un giaciglio erboso nella splendida cornice del castello di Villafranca, mi ci sono adagiato e ho ronfato tutto il tempo, al suono monotono e scontato di quegli zingari desperados, non capendo affatto quando iniziava una canzone e ne finiva un'altra.
Da segnalare però negli annali del calcio il viaggio d'andata nella Pussy Car insieme ad un eccellente Andrea Capodanno, la strada sbagliata, la pipi infinita della Benny.
Una volta là mi è piaciuto molto il pub molesto con Christian Ceres, mentre al ritorno ho trovato memorabile un Lollo Pagliccia decisamente sugli scudi nonostante lo smarrimento della maglietta e la grave irritazione cutanea che lo perseguitava. La performance sua e di Cova da Gatto Camatti è valsa il prezzo del concerto, del telepass e del panino con la salsiccia cruda.
Alle D'Andrea, al solito, è figurato tra i top player di serata.


MUY PICANTE by Stefi Gazzotti

Luglio (1885) - Riccò Valley - Cantina del Buco de mierda
Senza ombra di dubbio l'esperienza più divertente di quest'estate. Dalla mente di un Emanuel Gavioli in grande spolvero, attraverso le mani entusiaste e gli attenti occhi di Dom, e grazie a tanti cari amici (d'infanzia, recenti e nuovi), ecco SALSA ENFIERNO (MUY PICANTE), il nuovo minispot dell'Order of the Black Knights, reclame di una salsa messicana molto piccante che non potrà più mancare sulla tavola degli italiani (e dei messicani, naturalmente), nonostante possa indurre effetti collaterali molto pericolosi.


TROVA L'INTRUSO by Miriam

Agosto - Zocca - Festa della Libertà
Una Benny straordinaria, come non si vedeva da un po', che è arrivata con le unghie al giorno dopo e con almeno quindici soste a Pavullo. Un Berta in grado di fare la differenza su tutti i palchi che ha invaso (porterò sempre nel mio cuore la scena di quando ha rubato il microfono al presentatore e ha convinto tutti:"CHi urla più forte FESTA A BESTIA vince una maglietta!"). Un'Ile sempre presente nei momenti chiave della festa: logistica, entusiasmo, contenimento, disinfezione ferite, trasporto morti e feriti a casa.


POLAROID by Ile

Agosto - Zocca - Festa della Libertà
Dio benedica la Miriam e il suo I-Phone che mi sta sistematicamente fornendo la bacheca di Facebook di foto profilo.


NOI FUORI by Fonzo

Agosto - Barigazzo - Festa dei Lamponi
Grazie alle foto di Fonzo (e naturalmente a Fabin, Paolo e Giblein) è sembrata bella anche quest'edizione della festa, altrimenti sottotono e per nulla memorabile. Tanto love ai miei inseparabili compagni "di banco".


LOWLANDERS D'ADOZIONE by Fonzo

Settembre - Marzaglia -Motoraduno Lowlanders
Come ha scritto Emanuel: "Solo due puttane, la birra schifo, moto al buio, gente brutta con la barba poco curata e pochissima cultura. Quando vado a una festa e non ricevo complimenti da qualche sconosciuto vuol dire che regna tanta ignoranza nell'ambiente", e aggiungo io: hell, death, evil, black, raise, drag me to (HELL), kill.
Non fosse stato per la proiezione del minispot SALSA ENFIERNO e per aver incontrato idoli del calibro di Derre e Sex (e naturalmente il Noto Scrittore Emiliano), sarebbe stato un inferno, per davvero, non in senso metal.

VOTATE!


Se al primo tentativo non hai avuto successo, non riprovare.

Sulla scia del MEF prima e del bellissimo intervento di Emanuel Gavioli poi, riporto anche io le dieci chiavi di ricerca più belle che hanno condotto frotte di internaturi mentalmente inferiori e sperduti sull'INDIE OPEN BAR.


canzone indie bellissima: amico mio, sei un po' vago. Potevi aggiungere, che so, "quella che fa lalalalala..."


canzone indie piangere: ora sì che mi è chiara. Credo sia HOPPIPOLLA dei Sigur Ros.

emanuel gavioli ciccione: spera che lui non impari chi sei.

il mondo di hameluk: questa chiave di ricerca mi perseguita. Ma che cazzo è il mondo di hameluk?

machine gun san dalmazio: no, lo so, neanche io mi so spiegare perché, ma i Portishead non hanno mai suonato Machine Gun a San Dalmazio. Scandaloso.

video porno amatoriale nella provincia di roma anno 90: non ti han mai detto dell'esistenza di Youporn?

foto sono stanco: non farne più!

giulia bondi: non conosco nessuna Giulia Bondi, ma di sicuro dopo questo intervento un sacco di gente papabile di denuncia per stalking piomberà sul mio blog.

pavullo sexi: apri facebook e cerca la squadra di pallavolo.

on melancholy hill mette tristezza: e allora non ascoltarla!

Torniamo a parlare di musica.

Dal forum MEF, la mia risposta a chi ben parla dei Beady Eye e non coglie il passo in avanti di Noel Gallagher.

Lascia stare. I Beady Eye fan veramente cagare.
Poi possiamo argomentare come ci pare, ma la verità è che i Beady Eye possono sì e no fare da gruppo spalla ai Coldplay (il cui ultimo disco è di due anni fa)e che, come da copione dell'HJF, fanno la parte del gruppo finito o che (all'attuale) non ha niente da dire, un po' come i Pearl Jam nel 2010.
Noel Gallagher è la next best thing senza essere né next né best.
De gustibus, per l'amor di Dio, de gustibus diceva quello che si schiacciava in maroni in mezzo agli usci, però, per quanto conti dirlo, dalla selezione natural-musicale i Beady Eye son praticamente già stati fatti fuori quando son stati chiamati a fare i due a Chris Martin.
Noel Gallagher invece è già stato messo in cima.



Se in in Inghilterra devo ascoltare gli Horrors, le brutte copie degli Arctic Monkeys o i lati b dei Coldplay, prendo Noel che, come ripeto, tolto di mezzo il fratello scemo, ho come l'impressione che possa finalmente divertirsi e fare quello che gli piace, che non vuol dire che sia memorabile o innovativo, ma di sicuro è genuino e non scende a compromessi con nessuno. E ai nostri tempi, essere liberi di fare musica è un bel lusso, concesso solo a chi
A) di musica sa,
B)ha sufficiente carisma.
Per tutti gli altri c'è l'Heineken Jammin Festival.

Il tempo di una reclame

Un grande incrocio tra due strade a doppia corsia e due vie normali, è il Crociale di Spezzano.
Dal mio ufficio ho una meravigliosa visione su questo spaccato di Distretto Ceramico.
Non è mai scevro di macchine, camion o motociclette.
Una volta ci ho pure visto uno di quei truck americani (direi proprio questo), che si vedono sì e no nei film.
Difficilmente mi distraggo guardando fuori dalla finestra, non è certo un gran bello spettacolo veder macchine ferme ai semafori. auto di lusso noleggiate che sfrecciano a tutta, camion che impiegano delle mezzore abbondanti per voltare, napoletani (reali, presunti o sedicenti tali) che invertono il senso di corsia una volta scattato il verde, motociclette che centrano ogni buca possibile.

L'avrò percorsa mille volte, quella strada.
Mi sarò fermato a quel semaforo altrettante volte.
Dal mio ufficio avrò visto già quattro o cinque incidenti, e dire che sono lì da quattro mesi.
Nonni che imboccano gli svincoli alla rovescia.
Casalinghe che con la Panda 750 non pensano minimamente di dare la precedenza ai trasporatori crucchi di piastrelle.
Cinesi che, in fuga dalla Polizia, savalcano la ringhiera che delimita il perimetro dell'azienda per cui lavoro per poi essere braccati poco dopo.
Tutti i giorni ci cammina anche una ragazza tutto meno che bella, che parte da non si sa bene dove e arriva poco distante da lì, senza che se ne capisca il moivo, senza che si capisca come mai non sia ancora stata imballata.

Sono le quattro e mezza di un assolato venerdì pomeriggio di Luglio. Prendo una piccola pausa e getto lo sguardo fuori dalla finestra. Non ho da immaginare niente, l'unica cosa bella che s'ammira dalla mia scrivania sono le colline sopra Fiorano, belle finché si vuole, ma viste una volta, viste due volte, viste tre, non rimangono altro se non una bella cornice che, per quanto si sforzi, non riesce a far altrettanto bello il quadro.
L'incrocio è, e forse è la prima volta che lo vedo così, deserto.
Non c'è una macchina che sia una, un camion, una moto, nulla.
Strano perché, se non mi fossi fermato per riposare gli occhi e la testa, non mi sarei accorto che, osservando meglio, l'incrocio non è poi così deserto o, per lo meno, non lo è già più.
Lo sta attraversando una ragazza, su una Graziella rosa, quelle biciclette di un tempo, quelle con quel buffo trasportino davanti. La cosa particolare, o che comunque mi colpisce, è che la ragazza è di colore e io non ho mai visto una ragazza di colore inforcare una Graziella rosa. Men che meno l'ho mai vista attraversare un incrocio, né un incrocio come questo.
L'insolita ciclista poi è tutta ricciolosa, una di quelle classiche pettinature afro che rivestono gli immaginari collettivi di noi ignoranti quando mandiamo il pensiero all'africana media.
Mi stropiccio gli occhi. Non sta succedendo veramente. Non è possibile che una ragazza africana, a bordo di una Graziella, stia attraversando uno degli incroci più pericolosi e affollati dell'intero Distretto Ceramico, senza che lo stesso incrocio non venga invaso da nessun altro mezzo.
Un momento che dura una piccola eternità, la guardo sconvolto, c'è solo lei, solo lei in mezzo all'incrocio.
Ne seguo tutto il tragitto, sembra di sognare, di essere in una dimensione onirica, surreale. Eppur si muove, eppure è vero.

Poi, dopo questi trenta secondi lunghissimi, l'epilogo, la Graziella che esce dal mio campo visivo.
Quindi il sovrappopolarsi immediato di macchine.
Un intermezzo, il tempo di una reclame.
Tuttora non so se sia successo veramente.


Le cose importanti sono ok

Ho impiegato molto tempo a scrivere questo intervento, che alla fine altro non è che un insieme di sproloqui buttati giù alla va là che va bene.

Nasce tutto qualche settimana fa, quando un amico mi ha chiesto per sms come andava. Non era una domanda scontata ma opportuna e pertinente perché stranamente capitava al momento giusto, quasi fosse una piccola magia, una strana chimica tra sentimenti e fine tecnologia Nokia.

In verità: quante volte si spera che qualcuno ci chieda quepasa?
Poche, forse perché se "a domanda: risposta", ne va che "a domanda scontata: risposta scontata".
Si replica che va tutto bene anche se piove col sole, che va tutto bene anche se ci si è solo persi di vista. Manca la passione per intrattenere lunghe discussioni che non arricchiscono nessuno: meglio tacitare uno zero a zero e terminare le ostilità di conversazione prima che inizino, nessuna bella partita a chiacchiere da disputare.
È bene non dare preoccupazioni di noi agli altri, non perché non abbiano da parlare, non sia mai! ma perchè diventa pesante mettersi lì a raccontare cosa va cosa non va cosa ci piace cosa non ci piace, alla fine saremmo solo noi a mettercene. Poi che in testa abbiamo più pensieri che capelli, amen: l'importante è che continuino tutti a parlare dei capelli, e non dei pensieri.

"Come va?"
"Tutto bene, grazie, e te?"


Tuttavia l'amico che me lo ha chiesto non meritava una risposta stupida, se la meritava sincera, se non altro perché non poteva sapere che se avessi potuto replicare apertamente non mi sarei fermato a un bel ragatuttorego.

Ci ho pensato tanto come se fossi di fronte ad una domanda cruciale e dopo un po' gli ho risposto:"Le cose importanti sono ok".
Una volta inviato il messaggio ho realizzato che valenza significativa avesse la mia replica. Addirittura volevo riprendere in mano basso o chitarra e scrivere qualcosa partendo da queste parole: mi suonavano bene. Pur non avendo una rima o un'assonanza che fossero due, stava tutto bene: filavano da Dio. E pensare che avrei addirittura potuto scrivere tutto con il T9 talmente erano parole patocche.
Una frase sibillina e interpretabile, ma onesta, come dire che ero sul pezzo, che ero ancora a galla, che per il rotto della cuffia ci stavo passando per l'ennesima volta.
Come dice uno che lavora con me:"Siamo allineati e coperti?"; sì, più o meno lo siamo.

A trent'anni pesa non sapere quello che si vuole, figurarsi quello che si dice. Eppure quanto tempo si spreca a (e quanto tempo passa nel) ripetere le stesse cose, a dire banalità, a scambiare battute ovvie su quanto faccia caldo, quanto sia difficile imparare un nuovo mestiere o, che so, aprire un'attività improponibile di una qualche vendita al dettaglio di armi e di film post-apocalittici.
Un universo di comunicazioni sottintese che diventano quasi indispensabili, perché altrimenti il rischio è quello di diventare sgodevoli o di sembrare introversi.
Una seduta dal dentista può garantirti favelle con i nuovi colleghi per tre giorni senza mai correre il rischio di scadere nel ripetitivo.
Addirittura sono stato impiegato in almeno venti sketch di dialogo surreale quando mi son trovato a raccontare dell'esplosione della batteria della mia macchina: sembrava stessi raccontando loro di un'impresa epica, non so, la quarte serie delle avventure di Gesù Cristo, quella mai andata in onda su Fox, dove il Nostro rimane senza batteria proprio nel deserto del Nevada (da quell'episodio nasce la Quaresima, quella apocrifa, di cui nessuno parla mai).

Che sia il male dei trent'anni? Che sia il male di aver visto un mondo stupendo per troppo tempo (quello dello studio, dell'università, del Liceo con la T maiuscola di Alessandro Tassoni, dei Mondiali vinti in Germania: insomma, i tempi di Carlo Còdga) e accorgersi, dopo cinque anni che quel mondo lo si ha abbandonato, che una volta i treni arrivavano in orario per davvero (mentre i trenta non sarebbero mai arrivati) e che si faceva di tutto pur di perderli, pur di -al massimo al massimo- entrarci alla portoghese?

Non so, è come se si esaurisse la voglia di fare un sacco di cose, cose di cui prima si aveva sempre sbrusia, quasi fossero state all'inizio della lista, come se si ribaltasse tutto e la nuova equazione verificata divenisse:"Se ti fai poche domande avrai tutte le risposte".



Passata qualche settimana da quel messaggio ero a pranzo con un mio amico e, parlando dei più e dei meno del nuovo mestiere, gli ho detto che è molto triste scoprire come uno si trovi confinato in un ambiente che è pur sempre -per quanto possa essere piacevole, e in cui ci si trovi anche bene a lavorare- un furto di tempo, di benessere, di sorrisi.
Otto ore in cui si vedono le giornate volare via e scivolarti addosso. Da un lato una cosa bellissima, significa che il lavoro passa e non pesa più di tanto; dall'altro lato la consapevolezza di aver capito una frase di Shakespeare che m'ero appuntato ma che non ero mai riuscito ad intendere:"Ho sciupato il tempo e ora il tempo sciupa me, perché ha fatto di me il suo orologio".
Sì, perché intanto invecchi e ti rendi conto che sono più le cose che crescono intorno a te di quelle che vuoi fare, di quelle che devi ancora fare, come se tu fossi il gnomone della meridiana e il tempo fosse il sole.
Nell'esatto secondo in cui ho finito di illustrargli questa immensa verità mi sono accorto di essermi eretto a nuovo paladino della banalità, la stessa contro cui mi stavo apertamente schierando, la stessa che aveva mosso la voglia di provare a dare un verso a questo flusso di coscienza, a questo reflusso di incoscienza.

Saranno due settimane in questo preciso istante, che provo ad aggiungere altre parole a questo post. Due settimane in cui provo a cercare un attimo da dedicare alla scrittura (anche se solo di un post da blog), perché scrivere è l'unico momento in cui trovo uno spazio senza obblighi di tempo, senza che debba guardare le lancette dell'orologio del Milan che è lì da quando sono piccolo, e che rimarrà lì anche se il Milan, ho deciso, non lo andrò più a vedere.
Questo non significa -si badi- che io speri che quest'anno calcistico sia stato migliore del prossimo, anzi, spero sia peggiore del 2012, ci mancherebbe! ma io ho già dato anche al Diavolo, non gli ho regalato proprio niente (come dice quel casoumano di Vasco), gli ho dato dei bei danée.
E anche questo, C.V.D., è un discorso scontato.

Poi il nuovo lavoro.
"Bello, eh!" come diceva Guzzanti.
Bello stare lontani da quella testa di cazzo del mio vecchio titolare che continuo a sperare che muoia domani, ma è curioso come certe cose rimangano sempre uguali.
Infatti, come quando lavoravo all'IV-MD, parto da casa mezzora prima, mi fermo in un parchetto a fumare due sigarette, a dare ordine ai pensieri, che mai come a quell'ora del mattino sono più dei capelli, poi timbro e via, e... neanche questa volta ce la cavo ad arrivare prima della mia collega, che sembra la monella che a scuola lisciava la coda al professore, povera lei. E povero me, che mi metto addirittura a fare gara con lei.
Poi la giornata: di dieci cose che faccio, l'unica su cui mi fanno la punta è quella che ho sbagliato minimamente, trasmettendomi così una straordinaria voglia di mandare le colleghe a fanculo e far loro appunti sul fatto che, viste le caldane, è ora che trovino un metodo alternativo al cazzo per smaltire il nervoso, che non sono io il loro pungiball, nonostante sia pur sempre l'ultimo arrivato e, ai loro occhi, anche l'ultimo degli stronzi.
Otto ore in cui ho in mente tutto, al netto però di quello cui dovrei stare attento.
Che scadenza paga questa gente, cosa non pagano, che rata è, cosa mettere in dare, cosa mettere in avere, telefonare all'avvocato Paololorenzi... guardare fuori, le colline sopra Fiorano, e accontentarsi delle salse di Nirano e di Rocca Santa Maria per spedire la mente in orbita, tornare con gli occhi carichi e avidi, alle immagini degli ultimi viaggi fatti, in altre colline, in tutt'altri contesti con altri affetti, che si sono aggiunti alla mia vita alla stessa maniera di Kevin Prince Boateng e Ibra al Milan Campione d'Italia.

E pensi che ti è andata di lusso, che non hai nulla di cui lamentarti, un po' come Tognazzi in Singore e signori, buonanotte. Beh, non proprio così, ma il significato è quello, ossia che le cose importanti sono ok, che a casa va tutto bene, che al lavoro anche, che gli affetti vanno benissimo.

È il resto che viene a noia, gli abbuoni passivi delle amicizie, della quotidianità, della vita da bar, della vita su facebook, delle parole a caso della gente. Abbuoni, surplus, che fanno grado, che facevano grado, ma che poi stancano.
Rendersi conto che più si va avanti e più si sta meglio in due, perché:
A) Come è vero che ognuno basta a sé è anche vero che il conto non torna;
B) Condividere rapporti di amicizia a trent'anni è molto più difficile che condividere insulse gallerie di foto su facebook, è molto di più in ogni senso. I tag non certificano amicizia ma solamente un'estemporanea comunione di mille mila bottiglie di cui si è visto il culo, più per mascherare la vecchiaia che per vero utile o diletto.
Ma anche queste, ahimè, sono frasi da Capitan Ovvio, un Capitan Ovvio un po' più coraggioso del solito, se vogliamo, ma niente di più né di meno di un incrocio tra un Tyler Darden che vuole mettere su famiglia e l'ultimo dei ragionieri del Credem.

Vedo la gente frocia, e non è un discorso fuori luogo: padri di famiglia che son diventati tali, ma che forse, quando han deciso di scegliere questa professione non ne erano poi così convinti. Avevano il difetto di non conoscersi sessualmente così bene come invece avevano (e avrebbero) fatto credere a congiunti e prole, ma che hanno sacrificato all'altare di una vita normale e al di sopra di ogni sospetto, gli scheletri con cui avrebbero riempito tutti gli armadi di casa.
Alla larga però da facili insinuazioni! NON SONO FROCIO, NON STO PARLANDO DI ME!
Tuttavia, difetti di conoscenza di noi stessi li abbiamo tutti, e più che farci poche domande per avere tutte le risposte (si legga sopra), ci diamo direttamente quelle sbagliate, invece che distinguere le cose importanti e capire se sono ok o se non lo sono, ci diciamo che va tutto bene, grazie.

Dove eravamo rimasti?
Alla fine di tutte le fiere, a notti lunghe, ad albe stanche, a quel preciso momento in cui dovevamo volare un po' più in alto, e tenerci ben stretti. Siamo rimasti lì, siamo ancora e sempre lì: rischia di calarci il coraggio.
O forse, per dirla con molta meno poesia e molta più prosa, è come se fossimo sempre alla prese con il filo della polenta, che ogni tanto ci divide tra i fenomeni parastatali di provincia che comunque ci rimangono simpatici, e quella velenosa voglia di rinnegarli, per mettere la testa a posto, fare carriera, e manifestare contro i cocahavana pur di far credere ai posteri col nostro stesso sangue di essere stati perfetti quand'era il nostro turno.
Altre volte il filo ci divide tra i sogni ad occhi aperti che abbiamo o che vorremmo presto avere e la triste ma abbordabile prospettiva di rinchiudere tutto questo in una reflex che prima o poi impareremo ad usare.
Infine ci divide tra capodanno tutti i week-end e la gara con le proprie colleghe a chi è più diligente sul posto di lavoro.
A gh'è quel ch'a trasa!

Non mi chiamo Emanuel Gavioli, non ho venticinque anni, ecc... mi chiamo Simone Ferrari, detto Zeman, ho trent'anni, e parecchie idee confuse. Ma le cose importanti sono ok.
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