I cinque dischi che non tolgo dal lettore.



Rubo il titolo della rubrica di Mucchio per parlare un po' di musica.

Il tempo è tiranno e non ne ho molto per dedicarmi ad un maniacale ascolto di dischi nuovi, band emergenti del sempre più misero panorama indie (che comunque sono poco più di un "bai ed càn"), intuizioni o imbeccate di qualche giornalaccio di tendenza che mi segnala l'ennesimo cd da zero a zero.

Mi piace di più sciupare le orecchie ascoltando con grande attenzione qualcosa di nuovo ma profondamente elaborato, qualcosa di vecchio che sia usato e sicuro, o qualcosa di nuovo che suoni come qualcosa di vecchio, purché abbia stile, come dire che se fosse un'automobile sarebbe una Golf (bellissima quella pubblicità che diceva:"Dopo vent'anni capisci che tuo padre aveva ragione").

Della prima categoria fanno parte i Vessels il cui album imprescindibilmente nel mio lettore si intitola HELIOSCOPE. Non so niente di loro, se non che suonano un post-rock particolarissimo, veloce in termini di struttura, una struttura che viene ribaltata di continuo, con improvvisi cambi di tempo, e una totale assenza di una linea melodica chiara che identifichi il concetto di ogni singola canzone.
Queste band andrebbero protette come fossero cuccioli di Panda: in realtà le conosco io, Berta e quelli che ci suonano.
Chissenefrega: per mia fortuna ho un nuovo gruppo da inserire nel mio personale Gotha Post Rock, a fianco dei Sigur Ros, degli Explosions in the Sky, dei Mogwai e dei God is an astronaut.
Consiglio: Trap e Monoform.

Qualcosa di vecchio, un usato sicuro.
Qualche settimana fa ho mandato in merda il disco fisso del mio vecchio pc, la cui unica funzione era rimasta quella di archiviare tutta la mia musica prediletta. Fortunatamente ho preso solo un grande spavento, e tutte le mie miniere di dischi sono state fatte salve dagli informatici di Maranello.
Non so come abbiano fatto, se con la fantascienza o con la stregoneria, sta di fatto che mi hanno riportato dal regno degli inferi dei microchip tutti i miei adorati gruppi, i quali avevo già dato per dispersi, tant'è che avevo scritto sulla mia lavagnetta bianca degli impegni presi e da prendere:
DISCOGRAFIE DA SCARICARE ASSOLUTAMENTE E CON URGENZA
- Explosions in the sky; - The National; - Sigur Ros.

Grazie a Dio sono tornati tutti all'ovile, ma ne ho dimenticati altri, di gruppi fondamentali nell'educazione di un uomo. Per esempio i Massive Attack.
Blue Lines e Protection sono due album strepitosi.
Linee di basso magnetiche e incantevoli, legate assieme da trame elettroniche scarne ma essenziali; il tutto contornato da una regia sapiente di strumenti classici.
Chi ha scritto Teardrop o Unfinished Sympathy per me può anche dirsi padrone del vapore.
MEZZANINE - Massive Attack (questa è la tracklist: formidabile).

C'è un detto che recita che nessuno mette il succo nell'uva, modo come un altro per dire che nessuno riesce a fare cose impossibili. Nessuno tranne i Cure, forse. Piacevolmente ripresi in carico dopo aver trovato questa bellissima cover di Lullaby rifatta dagli Editors, ho messo in loop DISINTEGRATION: sticazzi.

God is an astronaut.
Questi non hanno mai vinto nemmeno una biro.
Semisconosciuti, Wikipedia dice di loro le stesse cose che diceva quando era in lock-out, ovvero poco e niente, però per me sono pietra angolare. Già citati in precedenza in questo stesso intervento, ho riesumato ALL IS VIOLENT, ALL IS BRIGHT, perché ho scoperto che c'è qualcun altro oltre a me ad essersi accorto della poeticità dei titoli delle loro canzoni. Tanta profondità, mondi visionari, l'idea che puntino qualcosa, che vogliano lasciare tracce del loro percorso.
E poi il paradosso: un gruppo strumentale che "rimane" per le liriche "non liriche".
L'omonima: All is violent, all is bright.

Ho letto uno status che mi ha fatto sorridere: KEEP CALM, NOEL GALLAGHER IS BACK.
Non siamo di certo alla fantascienza, ci mancherebbe.
Però come è vero che viene sera a casa di tutti, è anche vero che Noel non ha una gran voglia di addormentarsi prima di aver sparato tutte le frecce che ancora gli rimangono, contando sia quelle ben affilate, sia quelle da spuntare o anche solo quelle da recuperare.
In una scala da 1 a 10, io do a Noel un bel 6/7.
Non c'è nulla di nuovo, niente che non sappia di già sentito, ma è tutto orchestrato con maestria, suonato con cura e senza pena di ostentare niente. Quello è, né più né meno, però è qualcosa di genuino, di studiato con calma ed eleganza, con quello stile, insomma, di cui parlavo nella postilla iniziale.
Qualcuno mi ha detto che gli Oasis sono stati i Ligabue di oltremanica, e che Noel, di sicuro il fratello capace, sia rimasto il miglior esponente di questo paragone.
CI ho pensato molto e non sono per nulla d'accordo.
Noel Gallagher innanzitutto ha una conoscenza spaventosa della musica, la cosa traspare dal come imposta i pezzi, da come divide, pur nella sua semplicità, i tempi e le battute di ogni singola canzone. In secondo luogo, non credo sia il Best Songwriter della sua generazione come qualcuno lo ebbe a definire, ma ha una grande astuzia nell'indovinare le parole, nel farle suonare all'unisono con la musica: capacità più unica che rara, quella di stringere indissolubilmente i due capi della corda.
Credo possa diventare come è stato l'ultimo Johnny Cash, ossia un vino vecchio, che più passa il tempo più fa il gusto intenso, qualcosa da assaporare con calma, lontano da tutti giudizi o dai pregiudizi di chi cerca facili paragoni con la band del fratello o con gli Oasis.
NOEL GALLAGHER'S High flying birds e questa è AKA... Broken Arrow.


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