Viaggio nelle Marche - Pochi vivono la geografia come me


INTRO

Il Parco di Kipo

Il 20 Agosto nei pressi di Montefano, Marche, scrivevo questo status su Facebook, in cui cercavo di racchiudere in poche righe le mille riflessioni che la vacanza mi stava suggerendo e che mi si stavano accavallando nella mente.

“Ho conosciuto le Marche per lavoro (quindi nel modo peggiore possibile) e le avevo bellamente trascurate, le ho riscoperte da uomo libero quasi per caso, e ora, passando qualche giorno sulle colline vicino a Macerata, m'accorgo di alcune cose. Un'infinità di paesaggi (campi di ulivi, viti e girasoli), borghi antichi e meravigliosi tutt'intorno e il mare all'orizzonte. Non a caso Leopardi indovinò la parola: infinito. Considerando che la gente è cordiale e compassata, la parlata fa impazzire, il vino rosso è buono e non picchia, e i prezzi sono fermi a dieci anni fa, non ha proprio nulla da invidiare alla Toscana, anche perchè qui non ci sono stranieri che girano vestiti a merda. Prima che arrivino gli inglesi a trasformarle nella loro nuova campagna oversea, io ve le consiglio caldamente.
Ultima cosa. In una via di Macerata c'erano tre negozi di libri e due di cd; tradotto: come schivare tutte le bellezze di una città d'arte perdendo mezzore a scartabellare vinili e cd, #placetobe

Gli status chilometrici, quando scritti ogni tanto, per non dire una volta a settimana, o ancora meglio una volta al mese, s'arrischiano a diventare più interessanti della semplice battuta, della frase fatta o della classica citazione facebookiana, se non altro perché, per dovere di sintesi, chi scrive è costretto a ridurre parole e pensieri, quasi fosse un telegramma senza stop, ma arricchendo di contenuti significativi quelle poche righe, riempendole come fossero chicchi d'uva.

Solo una volta ho redatto una sorta di diario di bordo di un mio viaggio, e mi è sempre dispiaciuto non aver ripetuto la cosa con gli altri.
Ora che però ho un po' di tempo, vorrei approfittarne e scrivere di questa vacanza sulle colline marchigiane nei dintorni di Macerata, cominciando il racconto, come mio solito, dal Paleolitico Medio, e arrivando di traverso ad un punto imprecisato in the middle of nowhere.

Campagne tra Montefano e Osimo: colline fin quante ne vuoi


A REBOURS

Se la memoria non mi inganna correva l'anno 1998 e avevo 17 anni. Da segnalare che era appena uscito METALLO NON METALLO, disco incredibile dei Bluvertigo, che ascoltavo in maniera ossessiva. 


La Parrocchia aveva organizzato un campo estivo al mare, o per lo meno così ce l'avevano raccontata, presso un casolare messo a disposizione dalla famiglia del nostro caro amico Bomber. In realtà si trattava di un casale sulle colline di Fermo, nelle Marche, a circa un quarto d'ora dal mare, per cui ogni volta che si decideva di andare in spiaggia occorreva che Don e animatori si mettessero di buzzo buono e ci portassero là con una Uno Bianco scassatissima e il mitico Ducato Combinato che, dopo aver affrontato code bibliche in autostrada, ben si disbrigava negli stretti vicoli dei borghi intorno, tra le cristianissime madonne di Paolo Maffo.

Fu in quei giorni che, senza saperlo, mi innamorai delle Marche.
Ho ancora negli occhi una scena che mi è sempre rimasta in mente e che penso di avere raccontato a tutti, a Gavioli penso di avergliela detta almeno una quindicina di volte.




Il casolare era in mezzo a campagna e s'adagiava sul versante di una rigogliosa collina. La faceta idea di tutti noi ragazzi era che quella fosse la valle degli orti, e forse lo era veramente.
Era una notte di Luglio e c'era caldo. Nonostante le grosse mura di quella vecchia abitazione che avrebbero dovuto mantenere il fresco al suo interno, la canicola di quell'estate era pesante e tutte le finestre erano aperte perché entrasse un filo d'aria.
Su una di queste era appoggiata una candela, il cui scopo non so quale fosse, se allontanare le zanzare, allontanare il Demonio, segnalare all'esterno la nostra presenza o, come ho sempre creduto, rendere magico un momento speciale. Quella sera, oltre il suo debole ma rassicurante lume, lo scuro orizzonte dell'altro versante era rischiarato da luci danzanti che provenivano dalla festa di un paese abbarbicato in vetta alla collina. Si sentiva l'eco di una qualche fisarmonica che accompagnava il cantare di una milf che di secondo lavoro s'esibiva in queste piccole sagre paesane. Sapore di genuinità, di tranquillità: sapore di casa.
Fu amore a prima sensazione: un'immagine che, come detto, mi sono sempre portato dietro come fosse un portachiavi emozionale.

Non ho altri ricordi di quella vacanza se non quello di un amico che per tutto il tempo di quella avventura stette a torso nudo con un cappello di paglia in testa o uno stelo di fieno in bocca. #fonzo #nonvergognarsidiniente #maperchè?
A dir la verità rammento anche un'altra cosa. Là avevamo conosciuto delle ragazze di Monza e ad una di queste chiesi se conosceva i Bluvertigo (proprio originari della provincia brianzola) e lei ribatté:”Quei mostri?”
Magari ora guarda X Factor e il suo giudice preferito è Morgan.

Sarei tornato nelle Marche una dozzina d'anni dopo, perché per lavoro dovevo visitare aziende di arredo bagno e cucina e, talvolta (invero spesso), consegnare qualche collo. Vorrei poter cancellare quegli anni, dimenticarmi di tutti quei viaggi della speranza in cui il mio vecchio titolare, un pezzo di merda che spero muoia domani, mi diceva di partire alle 11 di venerdì, mandandomi a volte fino a Fano, per poi rientrare proprio quando all'altezza dei raccordi di Bologna si condensavano le file che mi costringevano a chiudere la settimana nel peggiore dei modi, facendomi rincasare alle 8.30 o alle 9 di sera.
Tuttavia, soprattutto in primavera o in estate non potevo, anche se controvoglia, non prestare attenzione ai colori suggestivi che s'accendevano una volta entrati in Romagna e proseguendo nelle Marche .Un altro mondo.
Qualche giorno prima delle mie dimissioni da quella ditta del cazzo (che son contento sia fallita), una volta lasciatomi alle spalle il casello di Fano, mi promisi che:”Questa è stata l'ultima volta che sono entrato da questo casello, qui non tornerò mai più”.


TORNANDO SUI MIEI PASSI

Poi, perché mai dire mai, a distanza di tre anni, nell'autunno del 2012 visitai San Leo.

Rocca di San Leo nascosta dalla nebbia

Attenzione perché qui si aprono alcune interessanti parentesi graffe. San Leo non è nelle Marche, bensì in Romagna, in provincia di Rimini. Era terra marchigiana fino a qualche anno fa ma, in seguito ad un referendum, alcuni Comuni della provincia di Pesaro sono passati sotto alla giurisdizione della città romagnola. Ho sempre pensato che per un provincia fosse uno smacco tremendo perdere alcuni dei propri Comuni a vantaggio di quella confinante ma è altresì vero che non deve essere facile sostenere la forza culturale della Romagna, regione storica ancor prima che politica, in grado di trasformare ogni cosa in attrazione turistica e rendere i villeggianti dei walking wallets, dei bancomat che camminano, creando quindi ricchezza, benessere e servizi per la propria popolazione.

Tornato da quelle parti qualche mese dopo, questa volta nel gennaio del 2013, insieme ad una coppia di amici, io e la donna con cui condivido il frigo andammo a Urbino e, nonostante un freddo becco, rimanemmo impressionati dalla bellezza e dal calore di quest'antica città. Senza accorgermene avevo tradito la promessa che m'ero fatto anni prima, ossia quella di non rimettere mai più piede al di là del confine romagnolo.

Urbino

Già si sentivano inflessioni diverse, la parlata iniziava a mutare: un prodotto linguistico meticcio, frutto dell'incontro tra nord e sud. Ricordo che ad un aperitivo ci portarono quella che loro chiamavano “misticanza” (che erano poi formaggi, salumi e olive); ecco, era la parola giusta per definire quella terra e chi l'abita.

Oltre a questo ricordo bene che il vino rosso era squisito, i salumi anche, la frittura di pesce veniva servita calda dentro cartocci avvolti a imbuto, di quelli che peschi peschi ma sembra non finire mai, ritrovandoti poi con le dita così unte altro che i fonzies.


IMBOSCATE DEL DESTINO



"Bella città Parigi eh! Certo, non è Ascoli, non è Andria, non è Foggia, però bella cittadina…devo di' bella, nel suo piccolo bella!”

Cosa sapete di Ascoli?
Io, fino alla primavera scorsa riconducevo alla città picena questa frase di Tirzan e i collegamenti di 90° minuto a cura di Tonino Carino, che (nomen omen) tutto mi sembrava meno che un personaggio credibile. Capite bene che non nutrissi questa gran fiducia in Ascoli.
Invece, in occasione di un ponte di tre giorni, decidiamo di andare in Umbria e risalire la costa adriatica, sfruttando uno smart box cena+notte ad Acquaviva Picena, un borgo medievale sulla strada che da Ascoli porta a San Benedetto sul Tronto.

Ascoli - Piazza del Popolo

Ascoli è una città bellissima: piazze in marmo e travertino, maestose e sommesse al tempo stesso, quasi volessero nascondere la propria austera bellezza, vive e splendenti nonostante le nubi addensatesi quel giorno avessero sequestrato il sole e reso tutto più grigio.
Io sono abbonato a Bell'Italia, che non è la fanzine informativa dell'omonima frazione di Maranello, ma una pregiata rivista turistica, e tema del calendario del 2013 -in omaggio con il numero di dicembre- erano proprio 12 piazze italiane.
Non a caso ce n'era anche una di Ascoli.

Acquaviva Picena, nostra destinazione finale di quella breve vacanza, è un paesino incantevole, pieno di vicoli e viuzze che portano ad una Rocca in rifacimento, che in qualche modo ricorda quella vista a San Leo.

Acquaviva Picena - Dettaglio

Rimaniamo colpiti dalla semplicità di Acquaviva. 
Senza uso di stelle filanti o chissà quali altri richiami, si fa guardare e visitare con piacere e curiosità: si percepisce proprio la sensazione di essersi imbattuti in un'illustre borgo sconosciuto, fuori dai percorsi più battuti, ma non per questo meno interessanti. Qualche giorno più tardi, consultando un libro intitolato “I borghi più belli d'Italia”, ne avrei poi scoperto la segnalazione ma, si sa, le cose da sapere si imparano sempre dopo.

Dopodiché finiamo in questo hotel, brutto fuori e peggio dentro, roba che la camera sembrava quella di una pensione romagnola anni '80, con le piastrelle da garage, la chiave della porta vecchia e usurata, che a fatica girava dentro la toppa della serratura e i tappeti lungo i corridoi sembravano quelli venduti dall'iraniano di Sestola qualche anno fa.



















La cena a base di pesce è poca spesa e tanta sorpresa: 'na robba da regord, tanto per andare in prestito di un detto marchigiano suggeritoci da una coppia di amici anche loro amanti della parlata di quella terra.
La conclusione è quindi che, nonostante tutti i nonostante, questi ci sappian fare e che, semplicemente, non lo diano a vedere.

Ripartiti, risaliamo la costa dell'Adriatico. È un bel giorno di sole, è primavera, da una parte il mare e dall'altra colline verdissime sormontate da borghi.
È un accorato arrivederci, torneremo perché abbiamo la chiara impressione di non aver visto niente rispetto a quello che potremmo/dovremmo vedere e vivere.


NOWADAYS

Quando abbiamo prenotato cinque giorni in un agriturismo sulle colline di Macerata, non sapevamo esattamente a cosa saremmo andati incontro. Nel parlare con i vari professori di turismo sparsi in ogni dove -molto esperti nell'arte del sentito dire e del pressapochismo- quando sentivano dire la parola:”Marche” rispondevano:”Sirolo, Numana, Conero”, fine del film.
Nessuno aveva informazioni più chiare su quello che rimaneva nell'entroterra.
L'unico a darmi una risposta diversa dalle solite fu un marchigiano, un funzionario commerciale originario di Treia, cui quando chiesi preoccupato se avessi trovato qualcosa di interessante mi rispose:” a voglia!”

Poi, devo dire la verità, c'erano state altre due avvisaglie che avevano detto bene. 
  • La prima consisteva nell'aver visto una pubblicità turistica sulle Marche, nella quale invitavano a visitare i luoghi di maggior attrazione, ponendo l'accento su Urbino e Ascoli Piceno, città che erano candidate a diventare Capitali europee della Cultura, proprio quelle che avevamo visitato nell'anno in corso.
  • La seconda, molto più strana, è una storia nella storia. A sorpresa, mia nonna conosceva Montefano, il paesello che ospitava l'agriturismo che avevamo prenotato. Raccontò che una volta a "Chi l'ha visto?", una signora cercava informazioni riguardo la propria madre, che non conosceva e non aveva mai incontrato. Era stata cresciuta dal padre, il quale l'aveva allevata senza però rivelarle mai niente di quella che era stata la sua compagna. Si fece allora avanti la madre, la quale le raccontò come erano andate le cose. Da giovane faceva parte della servitù di una nobile ed agiata famiglia di Modena, la quale, molti anni prima, "transumava" nelle Marche durante l'estate. Ai padroni faceva ovviamente seguito la servitù, e tra queste c'era lei che si innamorò di un uomo del posto, un falegname, e decise di rimanere lì. Ebbero una figlia, si lasciarono, lui si trasferì lontano, poi, per motivi che non vennero meglio dettagliati lei non ebbe più la possibilità di vederla. Tuttavia, ormai affezionata al paese, e senza più nulla da perdere, rimase a Montefano. La famiglia di Modena in realtà era una famiglia di Maranello, i Rangoni-Machiavelli; quella donna era cugina di mio nonno. #carrambachesorpresa

In un caldo e assolato pomeriggio di agosto arriviamo a Montefano, questo paesello sulle colline di Macerata, a circa mezzora di macchina da Ancona, tanto per capirci. Sembra d'essere nella location messicana di un film western, non c'è nessuno da nessuna parte se non nel bar centrale, in cui i pochi astanti ci guardano di sottecchi ma con curiosità. E non potrebbe essere altrimenti, siamo forestieri e parliamo con un accento diverso, 
Sono all'incirca le due, chiediamo a che ora apra il supermercato e ci rispondono:"Intorno alle 4, 4.30..." Risulta chiaro come qui tutto sia più dilatato: non solo lo spazio, pure il tempo. Non c'è fretta, non c'è urgenza. Non c'è quella pressione con cui noi, emiliani stressati ed operosi, ci siamo costruiti le nostre gabbie dorate. Mi viene allora in mente un mio amico che lavora in un supermercato, che spesso ho sentito lamentarsi del dover sgobbare pure alla domenica mattina. Credo intendesse dire che non è tanto il problema del dover lavorare in un giorno di festa comandata (anche in altri settori ci sono impianti che non possono essere spenti e che vanno mantenuti, come la ceramica), quanto aver offerto così tanti servizi in nome del benessere collettivo a discapito di uno status quo più che accettabile che poteva comunque essere preservato, che si sa: più si offre, più verrà chiesto. L'ha detto meglio di me Giovanni Lindo Ferretti:"Comodo: ma come dire? Poca soddisfazione."

È come se questi avessero deliberatamente scelto di rimanere indietro vent'anni. Si dice che il diavolo stia nei dettagli e dev'essere veramente così: i centri storici sono accuratamente custoditi in ogni loro minimo particolare, la scritta "cinema" è ancora quella di una volta, nelle chiesette ci sono ancora le tendine nei confessionali, sono rimasti i bagni pubblici, le salumerie si chiamano "Salsamenterie" (che è un po' come chiamare "drogherie" le botteghe di un tempo) e i negozi di alimentari sono perfettamente incastonati nel contesto.

Aneddoto curioso, sempre a Montefano rimango colpito da un'insegna che recita:"Kebab, pizza, gelati".
Incuriosito, ci fermiamo per bere un cordiale e sentiamo la gestrice, una verace signora marchigiana, rivolgersi ai clienti:"È che con 'sta crisi, ce se deve arrangià, e se fa' un po' de tutto!" 
Montefa' for de mura, si chiama il posto, quale miglior nome per un kebabbaro?
Forse solo quello che ho visto allo scalo ferroviario di Osimo, poco distante da lì:"Il kebab della staziò".


Montefano

In uno dei viali principali di Macerata ci siamo imbattuti in tre negozi di libri posizionati vicinissimi tra loro, e oltre questi, due negozi di vinili e cd (tra l'altro molti di questi, usati), che se uno ci pensa non ci può credere. A Modena, di librerie, non credo ne esistano tre nemmeno estendendo la conta a tutta la provincia; e di negozi di cd non ne ricordo uno, li ho visti chiudere tutti. Spotify, emule, youtube, torrent sono mezzi straordinari per ascoltare band o canzoni quando più se ne ha voglia, ed io ne sono un massimo fruitore, ma aver scartabellato tra i cd e i vinili mi è sembrato quasi un gesto antico, frutto di ataviche conoscenze, come se "lo sapessi fare senza saper perchè". Comunque sia, abbiam comprato un cd di musica swing ed è stato azzeccatissimo perché era la musica perfetta per descrivere questa terra e la sua gente.

Aperta parentesi. Una volta, quando si pubblicizzava un disco si diceva:"Nei migliori negozi di dischi". Ora bisognerebbe dire:"Nei migliori negozi di dischi RIMASTI". Beh, a questo punto mi vien da dire che siano due e che siano a Macerata!



Il colpo d'occhio è incredibile. I panorami, come dicono da quelle parti, "cantano". Quando scatto qualche foto, non ho nemmeno bisogno di modificarla o di correggerla, la luce e i colori sono perfetti così come sono, gli effetti speciali ce li ha già messi il creatore.
I pini e i pini marittimi crescono imponenti delimitando strade e sentieri, tutto intorno colline fin quante uno ne voglia: verdissime, dorate o brulle, che qui va ancora di moda la rotazione delle culture. Campi di ulivi, di girasoli, di granoturco e di vite. Se si considera che su ogni colle si trova un borgo medievale e che da certe balconate si riesce perfino a vedere il mare all'orizzonte, ci si capacita del fatto che Leopardi avesse indovinato la parola: INFINITO. Si può guardare da una parte o da quella opposta, ma il risultato non cambia, non si arriva in fondo.


Osimo

Quando non siamo stravaccati sugli sdrai della piscina dell'agriturismo decidiamo di visitare i borghi nei paraggi e, manco a dirlo, ne rimaniamo impressionati. Dedali di labirinti di vicoli  (o "vigoli" per entrare nello slang) in cui ci smarriamo e da cui restiamo incantati. Oltre alle meraviglie architettoniche delle piazze, delle rocche e delle chiese, pare di camminare nei cortili delle case degli stessi abitanti, gente compassata e cordiale che ci rivolge sempre un saluto. E anche questo fa pensare: non è questione di educazione, salutare appare come un gesto normale, sarebbe strano il contrario.


Recanati

Nel visitare questi deliziosi borghi, puliti e ordinati, la sensazione è che i marchigiani vivano sull'oro e nemmeno lo sappiano. Non c'è proprio nulla che possa invidiare le bellezze toscane e, credetemi, io posso ormai dire di conoscerle molto bene, e ne parlo con cognizione di causa.
Il tutto, poi, al netto di inglesi e tedeschi vestiti a merda, e di parcheggi o teleferiche cari come un figlio al mare.
"Bisogna fare il biglietto per prendere la teleferica?" 
"Ma che stai a scherzà? Ma me prendi in jiro?"


Montecassiano


Loreto

Osimo

Abbiamo avuoto poi anche modo di visitare i luoghi più conosciuti, come Portonovo e Sirolo (tra l'altro proprio il giorno del terremoto). Al di là del turismo, questo sì, molto romagnolo, la natura riesce ancora a farla da padrona e il Conero s'impone maestoso sopra spiagge bianchissime, baciate da un mare azzurro inverosimilmente più del cielo.


La Riviera del Conero da Sirolo

Le colline degradano verso il mare attraverso sentieri ricavati nei boschi, uno spettacolo unico.


Portonovo

Cos'altro dire?
Potrei soffermarmi sui mangiari tipici di quelle zone come la crescia, il ciauscolo o la polenta con lo stoccafisso. Oppure parlare del bere: vini rossi nobili e delicati (quelli che non ti parte una crepa in testa al terzo bicchiere), dei Verdicchi dalle curiose bottiglie o dell'amaro Varnelli, la cosa più simile al paraflu con cui abbia mai digerito, ma diventerei più pesante di quanto non sia già stato con questa enciclica.

Prima che arrivino gli inglesi a trasformare le Marche nella loro nuova shire oversea, visitatele.
I prezzi, eccezion fatta per i paesi sul mare, sono fermi a dieci anni fa, tutto il resto: mancia, che ne vale la pena.

La mia più bella vacanza.
In due parole: da regord.

2 commenti:

Tommy ha detto...

Alcune considerazioni:

1) "Là avevamo conosciuto delle ragazze di Monza e ad una di queste chiesi se conosceva i Bluvertigo (proprio originari della provincia brianzola) e lei ribatté:'Quei mostri?'
Magari ora guarda X Factor e il suo giudice preferito è Morgan." Aggiungo: e magari è una di quelle la cui famiglia si è arricchita grazie all'indotto dei Gran Premi però lei è in quel comitato del cazzo che si lamenta perché due-volte-due all'anno c'è un po' di casino al Parco. Rinchiudeteli con la bibliografia di Alberoni.

2) Facebook al posto di quella c.d. situazione sentimentale del cazzo denominata "relazione complicata" dovrebbe mettere "condivide il frigo con".

3) Nell'aneddoto Carramba ti sei dimenticato di specificare che la vecchia magione è ora un parco pubblico nel cui bar ci ha lavorato Fonzo. È come parlare della storia francese e non citare Napoleone.

4) Librerie a MO e provincia ne trovi finché ne vuoi. Negozi di cd, su due piedi, ne ricordo solo uno, in Pomposa. In compenso, quando verrai a Torino, troverai pane per le tue orecchie!

5) Tutto molto bello, ma niente che abbia senso se non colleghi il cervello.

Zuzù ha detto...

1. Poco ma sicuro.
2. Non è farina del mio sacco, ovviamente, bensì quella di un altro lettore di questo blog, un lettore misterioso.
3. Ahahah! Vero, ma avevo citato Fonzo in un altra parte. Dopo diventava un articolo fonzo-centrico.
4. Allora verrò!
5. Elio docet!

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