Die genialen Dilettanten - retrospettiva malata sulla musica tedesca degli anni '80

Non che abbia molto tempo, dico proprio in generale nella vita, anzi!
Ho una bacheca (fisica, non virtuale) di to do's che non diminuiscono mai ma che, di contro, tendono ad aumentare con sistematicità. E tra questi ci sono anche cose che non dovrebbero essere obblighi ma che spesso mi impongo come tali affinché sia costantemente sollecitato intellettualmente. Perché sì, diciamoci la verità: lavorare dieci ore al giorno tot i dè tenendo la testa bassa sempre sugli stessi argomenti e dovendo, ahimè spesso, confrontarmi con gente dal quoziente intellettivo appena sopra Salvini, non arricchisce culturalmente e, va detto proprio così, alla brutto boia: svilisce.
Lasciamo stare il lato lavorativo, esperienziale (che poi l'esperienza altro non è se non un modo elegante di chiamare la somma delle volte che la si è presa in culo) o, primo dei meno importanti, quello economico; se non ci si pungola in un qualche modo si corre il rischio di imbruttirsi intellettualmente in maniera imperdonabile e come ha detto Dante, ben sapendo che Mihajlovic lo avrebbe sottolineato secoli dopo, davanti allo sconcertante vuoto pneumatico nella testa di Palombo, seduto al suo fianco:"Fatti non foste per viver come bruti..."

Tutta questa sbabbelata per dire tra i to do's degli ultimi mesi ci son state alcune cose degne di nota che si sono combinate tra loro dando il la a quanto segue.

1) Ho acquistato un libro intitolato QUELLO CHE DEVE ACCADERE, ACCADE, un'opera di Michele Rossi, signore che s'è preso la briga di descrivere per fila e per segno le vite di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, e conseguentemente di CCCP e CSI. Ne leggo dieci pagine tutti i giorni tra le sei e tre quarti e le sette meno cinque, durante il momento dedicato alla cagata mattutina che, va sempre bene ricordare: defecatio matutina bona tam quam medicina. È un incrocio tra una cronistoria e un trattato di filosofia socio-musicale, tanto che, per la prima volta dopo almeno sedici anni, ho dovuto aprire il dizionario perché non conoscevo il significato di molte parole. 
Voi sapete cosa significa "sdilinquimento"? O a cosa ci si riferisca definendo un'eco "maggerino"? Io non lo sapevo. 
Ad ogni modo, nella sua retrospettiva, il Sig. Rossi parte dalla Capitale di ogni Reich, passato, presente e futuro: Berlino, il luogo fisico e mentale dove GLF e MZ si conoscono negli anni'80 e maturano la volontà di suonare insieme, traducendo quello che ascoltano nei locali berlinesi in punk filosovietico e musica melodica emiliana. Il novero di band tedesche che, al tempo, elegge Berlino come proprio domicilio culturale è qualitativamente e quantitativamente incredibile. 
Oltre a mettere orecchie alle pagine del libro ed evidenziare i nomi degli album che vengono menzionati, mi impongo di metterli in heavy rotation. Sarò retrò, ma all'algoritmo di spotify preferisco ancora caricare il player di tutti i "dischi" gentilmente omaggiati dalla rete, lanciarli e ascoltarli distrattamente mentre faccio altro. Se percepisco qualcosa su cui valga la pena soffermarmi, mollo tutto quello di cui mi sto occupando e segno il nome del pezzo appena trasmesso, per poi approfondire in un secondo momento.

Lode all'Emilia, la più filosovietica delle province dell'Impero Americano

2) Qualche tempo fa avevo incaricato il mio amico Checco di compilare una selezione di canzoni pescate tra i gruppi minori degli anni '80 italiani. Pur riferendomi che si è trattata di una fatica di Sisifo, el Sciur Francesco ha fatto le cose per bene come Locatelli. Attenzione, perché non è nulla facile scartare CCCP, Litfiba prima maniera, Afterhours very old school, Raf, Umberto Tozzi, ogni volume di Fivelandia di quella milfoccia di Cristina D'Avena e recuperare qualcosa di buono tra gli "scarti del maiale". Tuttavia l'obiettivo è stato ampiamente raggiunto, superando di netto le mie aspettative e "costringendomi" ad un ascolto attento e ragionato della raccolta homemade "Evviva l'Italia (evviva la Bulgaria)".
Quel che mi ha colpito più di ogni altra cosa è stato riscontrare in queste band (semisconosciute e/o che non hanno avuto il successo sperato) molte intuizioni che alcuni importanti gruppi venuti dopo avrebbero mutuato ed adattato ai propri stilemi musicali. Non so, sembra sia stato un medioevo musicale underground e a queste band sia spettato l'arduo compito di ricevere sassi da tutte le parti e rimandare indietro rose a titolo di gloria, e gloria per lo più personale.
L'ascolto è stato propedeutico alla realizzazione della compilation di cui andrò tosto a declamare.



3) Il 9 Novembre di quest'anno è ricorso il venticinquesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. Il Corriere della Sera ha allegato un libro al quotidiano, in cui diversi autori hanno raccontato cause, contesti ed effetti legati al crollo del Muro. La questione è stata analizzata da diversi punti di vista, e la prospettiva finale è risultata essere molto interessante. La mia personale conclusione, a margine della lettura (non ancora completa, purtroppo) del libro, è stato concordare, seppur in parte, con Andreotti che voleva così tanto bene alla Germania che preferiva ce ne fossero due. Per quel che è il mio campo di interesse ossia quello musicale e sociale, è una constatazione che mi trova d'accordo, perché il caos berlinese di quegli anni era fertilissimo, confermava quella grande verità per cui a tutti piace Game of Thrones, ossia che:"Chaos isn't a pit, chaos is a ladder". La confusione genera creatività, la mancanza di punti di riferimento da seguire con assoluta certezza lascia liberi di non definire alcun contorno e, a volte, limitare la vista costringe, ma soprattutto permette, di guardare più lontano.


I tre punti sopraccitati si sono trasformati in uno stimolante gioco ad incastro e, dato che ho trovato una cavia che sembra essere ben disposta ad ascoltare le mie raccolte sperimentali, ho deciso di compilare una selezione dei pezzi che più hanno rappresentato il percorso musicale e l'immaginario collettivo che proveniva da oltre il limes.

Vado dunque ad elencare i pezzi prescelti e corredarli con una breve descrizione.

Spaccato di vita della Berlino Est visto o presunto dal Professor Battiato. Stava bene da prima della lista per due ragioni, una pratica ed una poetica. Innanzitutto perché prima di avventurarsi nel clima pesante che caratterizza la compilation, reso ancor più ostico da una lingua che non si è così soliti praticare e comprendere, il cantato in italiano poteva mettere in una migliore predisposizione all'ascolto. La seconda perché è di una tristezza infinita, ha quel non so che di irrisolta malinconia che racconta perfettamente le emozioni che doveva vivere il Berlinese medio dell'Est.


2. Der Rauber und Der Prinz - Deutsch-Amerikanische Freundschaft


A parte che c'è da gasarsi solo per il fatto di riuscire a scrivere il nome della band, la canzone è citata nel libro di Michele Rossi e rappresenta molti dei concetti importati da Ferretti e Zamboni, specie per quanto riguarda la ricerca delle sonorità, in parte discordanti, quasi fuori tono e guarnite da rumori metallici che danno quel senso di pesantezza della Berlino meccanica e operaia del tempo, figlia del goniometro, del compasso e del martello.




Doverosa premessa. Questa canzone è del 2000 e quindi apparentemente fuori bando, ma entra di diritto nella scaletta perché se non mi fossi mai imbattuto in questo strepitoso pezzo non avrei mai conosciuto gli Einsturzende Neubauten né avrei dato un nome a questo blog. 
"Nuovi edifici che crollano": è questo il significato di Einsturzende Naubauten, ed è la miglior definizione che si poteva dare a Berlino a cavallo degli anni '80. Era il centro del mondo, anzi, erano i centri di due mondi, uno dei quali, quello orientale, era il nuovo che non avanzava e che crollava su sé stesso. 
Quindi, altroché "Sabrina vita da strega", questo è un discorso che fa molto pensare perché ora sembra preistoria moderna, perché ora Berlino concorre con Londra per chi sta al centro dell'Universo: pare ieri ma sono passati trent'anni o giù di lì.
Inoltre, forse non tutti sanno che io ho chiamato il mio blog INDIE OPEN BAR perché convinto che le liriche della canzone dicessero così; in realtà il mio orecchio non era molto preparato e malintesi un verso che invece dice "it's in the open but".


4. Numbers - Kraftwerk (komplete version)
Insieme agli Einsturzende, i Kraftwerk monopolizzano questa antologia, ne sono gli indiscussi padroni. Questa versione remiscelata non troppi anni fa prova che l'oro non prende macchia e che le idee dei quattro visionari di Dusseldord sono refrattarie al tramonto: incredibili allora, incredibili ora.



Una manciata di secondi a mo' di carosello, giusto perché si intenda che questi facevano un po' il cazzo che gli pareva, non c'era stato un arbitro che avesse loro spiegato con esattezza le regole del gioco.



6. Das Model - Kraftwerk
Beh, questa è la hit del lotto, che poi donna Ilenia commenti:"Bello, bravissimi ma ascoltali tu" passa in cavalleria.



7. Der Mussolini - Deutsch-Amerikanische Freundschaft

Altro brano suggerito dal libro di Michele Rossi, che inserisco perché questa è veramente una risposta ad una domanda mai formulata, un effetto senza causa o una causa senza effetto, 'na roba cui, anche sol per necessità di catalogazione, si fa fatica a trovare casa. Eppure è forse una delle più sintetiche dell'intera compilation: senza stare a fare troppe messe spiega, con il ritmo arrembante, il cantato rivedibile ed una buona dose di idee confuse il clima caotico di cui ho lungamente sbabbelato in precedenza. Insomma, me li immagino 'sti ragazzotti incerti del loro presente e del loro futuro, ammassarsi in poghi selvaggi dentro discoteche losche e sporche che nulla han da dire se non a chi non ha niente di meglio da fare. 
Spoiler alert:"Delle sale da ballo un po' più che di merda, un'opinione pubblica un poco meno stupida", ecco, appunto.


I tedeschi hanno solo un grande, atavico, problema: è che stanno sul cazzo a tutti. Ragion per cui, anche quando sono avanti trent'anni rispetto al resto del mondo, nessuno se li caga e li prendono tutti per scemi. In realtà sanno già come andrà a finire e, semplicemente, si mettono alla finestra e aspettano di ricordare a tutti che loro lo avevano già detto da mo'. È così con la Bundesliga attuale ed era così con i Fehlfarben che nel 1980 profetizzavano:"Wir sind die Türken von morgen", ossia "Noi siamo i turchi di domani"


Qual è il menù tipico di Berlino, oggigiorno? Kebab? Ah, già. Che se è vero come è vero che siamo quello che mangiamo, allora 2+2 fa 5 solo per i Radiohead e l'equazione è bell'e che risolta.

Tra l'altro, curiosità, m'era partito un crepo quando ho letto che si trattava di un pezzo dei DAF, per cui sono andato a vedere prima su Wikipedia poi su Youtube.



Solo una cosa, giusto perché forse non è chiaro: siamo negli anni '80.


Sempre nel libro di Rossi ho letto un'interessante affermazione di Zamboni. Raccontava che scattare foto a Berlino Est era una cosa curiosa perché sembravano in bianco e nero anche quando dovevano essere a colori, e questo perché Berlino Est era in bianco e nero anche quando c'era il sole e faceva bel tempo. Questa canzone, per lo meno a me, trasmette proprio quella sensazione.
E poi sì, mi ricorda un film porno che avevo guardato quand'ero poco più che adolescente, trafugato dai cassetti segreti del Baby, il padre di Fonzo: La clinica dell'amore. Come crescere nel giro di un pomeriggio.


Questi, semplicemente, facevano un altro sport. Non è un caso che al riguardo sia stato detto:" Senza di loro non ci sarebbero stati l’hip-hop, la house, la musica ambient, l’electro e persino Michael Jackson"


12. Black Water - Apparat
È lecito domandarsi se tutto questo ben di Dio abbia avuto conseguenze più o meno moleste, se le influenze siano state raccolte e declinate ai tempi nostri, così da dare alla compilation anche una profondità temporale. Ci ha pensato Apparat, al secolo Sascha Ring, DJ berlinese, che le ha rastrellate tutte, le ha infilate in un caleidoscopio di generi, le ha mischiate con un po' di sano post-rock degli anni zero e se ne è uscito con delle canzoni strepitose che rinverdiscono un passato prezioso ma trascurato, proiettandolo, con tutte le aggiustature del caso, nel presente.



Questa è la canzone alfa dell'album alfa del gruppo alfa.


14. Live in Pankow (live) - CCCP
Prima avevo spoilerato parte del testo di Live in Pankow: c'era una ragione.



Ost Berlin - West Berlin
Trance Europa express
Qua e di la del muro l'Europa persa in trance
In Alexanderplatz come in piazza del Duomo
Europa persa in trance ultimamente
I miei amici anche i miei amici anche
Sotto la NATO il Patto di Varsavia




Non ho specificato per cosa stia la parola "Kraftwerk" in tedesco. Ebbene, significa "Centrale Elettrica" e Die Roboter (o The Robots in inglese) è la canzone che ne fa didascalia. L'abilità della band è quella di infilare un po' di dolce stil novo nella pesantezza della società che rappresentano. Operazione perfettamente riuscita.


Questa è finita nella compilation per sbaglio ma mi scoccia toglierla perché, come giustamente commenta un ragazzo su Youtube: "Perfect example of how you don't need a plethora of instruments to make music good. EN does minimalism best". Minimalismo, non nichilismo; vuole dire non troppo ma nemmeno niente, raccontare quel che è senza negare nulla, che altro non è se l'ennesima chiave di lettura del contesto spazio-temporale dell'epoca.





Non che a me serva particolare fantasia per avventurarmi in viaggi mentali veramente malati ma quello che io ho sempre visto in questa canzone è stata l'idea che forse i Kraftwerk intendevano trasmettere, ossia quella di attraversare l'Europa con il pensiero prima e con la musica poi.
Quando, millecinquecento righe fa, ho scritto "limitare la vista per guardare più lontano", pensavo a qualcosa di simile, o forse pensavo proprio a questo.


Outro.
Dall'album Krieg und Frieden, che sta per "Guerra e pace". In parole semplici: Berlino.




Se volete che vi prepari la compilation, telefonate ore pasti con il telefono sip a rotelle, sennò non rispondo. Ah, si chiama Die genialen Dilettanten: buon ascolto.

Disperato Erotico STOFF - Una difficile compilazione


Una volta a stagione io ed alcuni compagni del Liceo -amiamo riferirci a noi stessi come a "La crema della classe VD"- organizziamo serate ad elevato tasso nostalgico per incontrarci e fare il punto riguardo la situazione delle nostre esistenze.

Tra me ed uno di questi (che, musicalmente parlando, è del mio stesso tipo antropologico) vige una tradizione per cui io gli debba preparare un cd con le canzoni più belle che ho ascoltato dall'ultima volta che ci siamo visti. Non c'è alcuna linea guida da rispettare, nessun genere, nessuna epoca, nessun trend: semplicemente gli 80 minuti di musica cui ho dedicato più tempo o, sarebbe meglio dire, che più mi hanno colpito nei mesi appena derubricati.
È un lavoro estenuante perché mi servirebbe un cd della durata di una giornata e mezzo per raccogliere tutto il "vissuto" musicale immediatamente trascorso e non solo un'ora e venti. Tuttavia è anche un passatempo bellissimo perché le canzoni si trasformano da emozioni sonore a emozioni visive, memorie, stati d'animo e sentimenti  e, oltre a questo, il farlo mi ricorda quand'ero adolescente o poco più e compilavo decine e decine di cassettine da ascoltare in macchina, la cui l'ultima canzone in fondo al lato A diventava anche la prima del lato B perché il nastro dall'altra parte non era stato in grado di contenerla tutta. Insomma, quelle "cose preziose" andate perse ai tempi dei download e dei canc selvaggi ma che, con questa occasione, è bello rivivere e rinverdire.

Il top erano i "Misto merda" del mio amico Luca Ricchi

È davvero uno sporco mestiere perché non è sufficiente individuare quella ventina scarsa di pezzi che devono descrivere il fiume di parole che una cena e le successive mille birre al pub non potrebbero racchiudere, ma anche perché occorre dar loro un senso, inanellarle senza errori di buon gusto o di sintassi, trovare un immaginario filo d'Arianna tra la coda della canzone che sta finendo e l'attacco di quella che segue. Non bastasse, per quanto alternare pezzi "dentro" e pezzi "fuori" o scarrellare canzoni cariche una via l'altra quasi fosse la classica mitragliata da pogo di un concerto rock e poi culminare in un climax soft... per quanto, dicevo, questi siano trucchi che funzionano sempre, in casi come il mio è necessario prestare attenzione anche ai generi, essere capaci di abbinare, che so, una tenera ballata dei REM ad un pezzo post rock che conosciamo io e forse le groupies dei musicisti che l'hanno composto, buttare nella mischia Lucio Dalla augurandosi che i National a distanza di due tracce non gli siano di troppo imbarazzo, e cose così.

Detto questo, e back to essentials, scegliere una serie di canzoni e per me è molto più che salutare il passato appena trascorso. 
Nella selecta possono comparire le canzoni che ascoltavo quando fuori c’era un freddo becco e faceva buio avanti sera, quelle che mi hanno accompagnato sull'Estense mentre andavo al lavoro, quelle che ricollego a momenti della mia vita in cui ho lasciato un po' di pelle sulla strada, quelle che mi riportano in Irlanda, in Croazia o nelle Marche, le colonne sonore di programmi visti e rivisti, quelle che son state una splendida avventura, una sveltina dagli sguardi complici o una tenera amicizia, oppure quelle, ancora, davanti a cui mi son detto:"Bene, questa me la imparo con la chitarra e la suono finché non divento di gomma".

Originariamente, quanto appena scrittto doveva essere "niente più" di uno status di facebook ma, dato che mi sto lentamente imponendo l'obbligo etico di non aggiornare i miei stati più di una volta al giorno e di non superare tot caratteri, ho preferito deviare i miei pensieri sul blog. 
È più forte di me: devo scrivere per svuotare la testa e da qualche parte devo pur farlo.
Guarda caso ho un blog, e allora pronti!

01. Intro - The XX. Il 2014 è stato l'anno dei Mondiali. Vero. Ma ancor più vero è che è stato l'anno di Storie Mondiali di Federico Buffa. "I Mondiali hanno scandito i tempi della nostra vita e scandiranno quelli di chi verrà". Certo è che l'Avvocato ha scandito i tempi della mia vita davanti a Sky, con me intento a ascoltare avidamente ogni parola che pronunciava, a vergare appunti su appunti sul mio taccuino e a ripetere a oca, per tutte le settimane che son seguite, ogni aforisma di Buffa che, senza nemmeno accorgermene, stavo mandando a memoria e rendevo parte del mio comune parlare.



02. Arcade Fire - Afterlife (live). Il celebrato e decantato album dei canadesi a me non aveva detto proprio un cazzo. Lo avevo distrattamente sentito planando con entrambe le sopracciglia fino a quando una delle mie opinion leader musicali, quella cui mi rivolgo quando sono a secco di ascolti, mi aveva linkato questo pezzo e, non appena m'è arrivato al corazon è stata come un'epifania. Ho sciupato occhi e orecchie a guardare e ascoltare il video (questi hanno un senso spaventoso per la fotografia), e sicuramente ho sciupato ed esaurito anche la pazienza di chi ha la sfortuna di ascoltare le mie playlist.

03. Lorde - Buzzcout Season. Ok, questa sembra Cristina D'Avena strafatta di ketamina, vestita con du straz comprati in Montagnola e che di cantare le è rimasta appena una remota intenzione. E di certo i due scappati di casa da cui si fa accompagnare non migliorano la situazione. Ma alle 6.30 del mattino, quando sei appena salito in macchina e la tua mente sta lentamente recuperando le informazioni lavorative del giorno prima, individuando le urgenze, stabilendo il planning e illudendoti che oggi nessuno romperà i coglioni oltre maniera, questa canzone, per quei tre minuti scarsi, ti proietta in un'altra dimensione, in cui everything grey diventa a better place to play e in cui tutto sembra pacato e ovattato, lontano anni luce dalle beghe che tempo dieci minuti sarai costretto ad affrontare a muso duro e berretto abbassato sugli occhi. Poi, quando finisce, scompare l'atmosfera idilliaca e ti ritrovi dietro al classico corriere che fa i 30 km/h in discesa e che supererai, sì e no, a dieci metri dal cancello dell'azienda.



04. Midnight - Coldplay. Una sera son capitato su Sky Arte, cosa che non accade mai. Stava andando in onda un live dei Coldplay. Dire che mi sono incantato davanti allo schermo con la bocca aperta non rende l'idea: un gioco di luci e colori davvero magnetico. Avrei potuto optare per un'altra canzone e scegliere A sky full of stars perché A) credo che sia nella top five delle canzoni mai scritte da Chris Martin & co. e B) perché ogni volta che la riascolto l'associo alla campagna elettorale di Max ed il piacevole ricordo è divenuto inscindibile. Mi sono però deciso per questa. Non so, ha qualcosa di magico, in America Latina la definirebbero "La Mistica", ecco, qualcosa del genere.



05. Opale - Alcest. Marche, primavera 2014. Meravigliosa gita con la donna familias, Berta e la Mi sulle colline tra Ascoli e Macerata. Per radio passano musica e parole scelte dal Pippinzaghi di Maranello. Di almeno quattrocentoventi canzoni che lasciano il tempo che trovano, rimango stregato dal riff e dalla voce di questo pezzo. Post rock di vecchia scuola, di chi magari è arrivato dopo i Sigur Ros, gli Explosions in the sky, i Mogwai e compagnia cantante ma che, sarà un caso oppure no, è riuscito a pescare la matta dal mazzo. Ormai ho perso il conto delle volte che son stato nelle Marche e tutti sanno quanto ne sia innamorato, tant'è che pure la mia vicina di casa mi ha recentemente chiesto come mai non ci fossi andato anche quest'estate e perché le avessi tradite con la Croazia. Beh, credo che ci tornerò e che ci tornerò presto, e credo pure che nel mio immaginario non ci sarà altra canzone a parte questa che me le potrà mai ricordare meglio.



06. Voglio una pelle splendida - Afterhours ft Samuel Romano. Di questa canzone ho già abbondantemente parlato qui e altri dopo di me l'hanno fatto anche meglio. Non posso aggiungere altro se non dire che appartiene a quella ristretta categoria di pezzi che fanno "sanguinare. La inserisco nella selezione perché andare al ventennale concerto di "Hai paura del buio?" è stata una sensazione never felt before. Non voglio entrare nel merito del chiedersi se da parte di Agnelli e soci fosse opportuno replicare lo stesso show esibito una generazione prima, se sia stata una buona o una cattiva idea, se abbiano suonato bene e se abbiano scelto le migliori carte da giocare. 
A didascalia di questi pensieri m'è rimasta in testa la frase del mio amico Bonetti:"Gli Afterhours sono stati una bella stagione della nostra vita". Ebbene, ho sempre pensato che questa canzone avesse un destino scritto, quello di "fare male". Forse però, alla luce di quanto detto da Bonetti, non era vero. Semplicemente l'avremmo capita dopo, a giochi fatti, guardandoci indietro con la serenità degli anni messi alle spalle. In inglese si direbbe:"No harm, no foul" che è un po' meno che "tutto bene quel che finisce bene" ma un po' più di "senza un finale che faccia male", e che forse, anche se non spiega tutto, quanto meno basta e avanza.

07. My eyes - Travis. La donna con cui condivido frigo e chiavi di casa l'ha definita "La classica canzone per innamorarsi". Non avrei potuto trovare migliore tag-line.

08. Vacanze Romane - Antonella Ruggiero ft Rhapsodija Trio. Potrei semplicemente dire:"Passo e chiudo" ma succede che, per combinazione, inserisco questa canzone in uno dei miei cd. A dir la verità quando l'ho fatto non ne avevo nemmeno il chiaro proposito, anzi. Avevo il mio classicissimo cd da 80', perchè, vi faccio lo spiegone, nella mia macchina l'inserto per una chiavetta mp3 non ce l'ho, per cui avevo riempito una compila quasi fino all’orlo e m'erano rimasti quei quattro minuti che mi scocciava sperperare in neinte. Browse che ti browse, pesco l'Anto e ce la butto dentro. Al termine di una cena romantica, di quelle che di tanto in tanto è importante organizzare se non si vuol incappare in una diffida, e dopo qualche bicchiere di Sangiovese, donna Ilenia, sentite tre note, si lancia nel suo canto libero. Momenti di grande televisione. 



09. Abide - Fleur De Lis. Il fatto che trovi giusto uno e un solo video su Youtube mi fa credere di conservare di nascosto sempre lo stesso smalto, la stessa inveterata abitudine, diciamo così, di seguire intuizioni del cazzo originate dal caso e da un'equivalente serie di perché e di perché no. Ricordo bene di aver conosciuto questo gruppo post-rock in modo molto singolare. Era un filmato su Repubblica, un timelapse di un treno scandinavo o qualcosa del genere che collegava paesi sperduti in mezzo ai ghiacci. Lancio Shazam che mi trova il gruppo e, perfetto, decido di scaricare ogni cosa che abbiano suonato fin dalle recite alle elementari. Trovo una mazza: solo tre canzoni. Vabbè, saranno anche solo tre canzoni, ma Dio benedica 'sti ragazzi!



10. Disperato Erotico Stomp - Lucio Dalla. In Gran Bretagna esiste un termine intrigante che ben definisce il sentimento che si prova quando, all'improvviso, si schiude un mondo pieno di sorprese che, prima di quel momento, erano sempre rimaste nascoste (e non sto parlando della difesa del Milan): "disclosure". Disperato Erotico Stomp è stata, con tutti i crismi del caso, la mia ultima, nonché una delle mie più belle, disclosure. Mi rammenta tanti dei viaggi fatti quest'estate e la scoperta costante, tramite un ascolto via via sempre più attento, di tutti i dettagli della canzone. Il fatto che non abbia una struttura classica (uno non ci pensa ma è priva di strofe e ritornello), il magistrale e magnetico tema di basso, le continue metafore che alimentano la storia, "A Berlino ci son staco Bonetti, era un po' triste molto grande"

La cosa eccezionale, dammi retta, è essere normale


11. Get lucky (live) - Pharrell Williams Daft Punk ft Stevie Wonder. God bless this mess! I presupposti di base sono che ho sempre adorato i Daft Punk e mi piace Pharrell. Non appena uscita Get Lucky sono andato via di testa: l'ho eletta mio domicilio musicale per almeno cinque mesi. Poi un po' il non-video, un po' il mistero che da sempre accompagna il duo francese, un po'  la voce soft porno di Pharrell, un po' la chitarra funky, insomma, s'era innestata tutta una chimica che mi ha completamente e bellamente rapito. Quest'anno m'imbatto in questo video e ciao, ma ciao proprio. Pharrell che "non bada troppo allo stile" tanto la sezione ritmica fa definizione da sola, Stevie Wonder che interpreta perfettamente il detto modenese:"Pochi ciacri, bel zog", i DP che servono in tavola le specialità della casa e Katy Perry che nella sua testa ha tutt'altra musica rispetto a quella che stanno suonando e immagina d'essere Rocky. Signori, chapeau; per tutto il resto c’è Villach.

Era una vita e mezzo che cercavo un motivo per pubblicare questo video


12. Rock Your Baby - George McRae. Di questa ho già lungamente dibattuto qui. E comunque c'è poco da aggiungere davanti ad uno scamiciato di tale posta.

13- Sexual Healing - 8 Hot brass band. Gemella eterozigota di RYB; dove è l'una dev'essere anche l'altra.



14- My girl - Madness. Violante Placido mi ha sempre fatto vento e, beh, accade che gira una miniserie su Moana Pozzi e, così per scherzo (ma mia tént), decido di seguirla. Tuttavia, la cosa che più mi colpisce è l'azzeccatissima colonna sonora. PIL e Madness su tutti, ma fuori i secondi per il becerume del suono e il grezzume del canto. Esistono canzoni che sembrano nate al primo colpo, con il chitarrista che indovina tre accordi, basso e batteria che stanno sul pezzo e cantante che, bariago zucco, sbiascica parole a caso. Credo che questa canzone sia nata pressapoco così. 



15.  Come together - Echosmith. Certe canzoni hanno solamente il pregio di essere ascoltate nel momento giusto. E se il momento giusto sono i tre giorni prima delle ferie, diventano capolavori imprescindibili della musica moderna, indipendentemente che la reciprocità del rapporto non duri più di una sveltina.



16. At my most beautiful - REM.  In uno dei miei migliori articoli avevo scritto d'essere arrivato ad un punto della mia vita in cui m'erano venuti a piacere i REM e non "tanto per", che una Losing my religion la conosciamo tutti, Everybody Hurts l'abbiamo ascoltata mille volte, ma per davvero, daboun mia da burla Volevo approfondire l'amicizia e, se possibile andare un po' più in là. Per cui ho guardato cosa avevo tra le mie cartelle "musica" e non ho trovato che "discografia", che notoriamente vuol dire tutto e n vuol dire niente. Poi, più per curiosità che altro, ho cercato negli scaffali dei cd e ho trovato l’originale di UP. Tutto può essere successo ma non che l'abbia comprato io. 
Chissà come è arrivato lì? 
Chi me lo avrà regalato? 
E, soprattutto, è mio? 
Comunque sia, col tempo, è maturato. 
La mia professoressa di Filosofia (e in questa occasione sarebbe meglio dire "la nostra") diceva che esistono libri, canzoni o quadri che semplicemente non siamo in grado di apprezzare se non col tempo. Per fortuna o purtroppo è davvero così.



17. National - Graceless. Come scritto qui, a Dublino capita una delle mie più belle cose mai successe, ovvero a distanza di tre metri dal nostro albergo suonano i National. Ovviamente il Fabione internazionale me li irride, pensando che siano il classico gruppo che solo io posso ascoltare e non sa che se trovassi un bagarino con anche solo un biglietto sarei disposto a pagarglielo una tombola pur di entrare... Di bello c'è che poi scarica tre o quattro canzoni che accompagnano i nostri viaggi. Una di queste è Graceless. O per lo meno a me piace ricordarla così



18. Gotta get away - Black Keys.  Diciamo così: i cinque minuti di recupero dell'ultima canzone me li gioco così, anche se non sono cinque e anche se non c'è niente da recuperare.



Magari ci vedo segni e congiunture astrali solo io ma qualche giorno fa un ragazzo che conosco ha pubblicato una foto della sua maglietta su cui era scritto: DISPERATO EROTICO STOFF. Game, set and match, perché selezionare così pochi pezzi a fronte di emozioni tanto grandi è un'operazione disperata, snervante, quasi stancante (stoff). Allo stesso tempo però è bellissimo e, senza nemmeno sforzarsi c'è stato anche qualcosa di erotico.
Gli ho chiesto l’autorizzazione a intitolare articolo e compilation proprio così e lui, molto gentilmente, ha accettato.

Un grande grazie a Francesco Zeno Boni per avermi concesso l'uso della foto e l'imbeccata per il titolo

Irlanda, appunti di viaggio - Vol.4


MOMENTI CHE TOLGONO IL RESPIRO 

Scesi dal battello riprendiamo la macchina e imbocchiamo la strada in direzione di Galway. 
Il viaggio, breve come avrebbe dovuto essere anche all'andata se Panzer non avesse improvvisato lo spartito, è piacevole, non fosse per due rilevanti dettagli. 

1) Bubu è nevrastenico, a tratti bipolare, la sua weltanschauung è quantomeno discutibile e si prodiga nell'elargire consigli di vita non richiesti sia a me che a Bonetti. Questo per tutta la durata del percorso e qualche volta buttandoci dentro latinismi a cazzo. Molto apprezzato quello delle 19.15: non ho mai sentito usare così bene il motto "cum grano salis" in un contesto in cui non c'entrava una mazza e del quale, ahimè, non ricordo la genealogia (e comunque sia, era dal 1998 che qualcuno non me lo citava ed era stata la mia Professoressa di Latino ad averlo usato). 

2) I suoi silenzi (pochi) e la sua favella (abbondante) sono intervallati da scoregge brevettabili come strumento di tortura dai tagliatori di gole dell'Isis.
Da qualche parte ho letto che la vita non è fatta di respiri ma di momenti che tolgono il respiro. 
Vero. 
Prima di partire per l'Irlanda pensavo che qui avrei appurato questo concetto, il senso di otherworldliness percepito sulle isole Aran lo aveva avvalorato ulteriormente, ma solamente con le extreme farts di Bomber sto cogliendo appieno il significato più nascosto di questo aforisma. 

Giunti nella capitale gaelica ci dirigiamo verso il nostro ostello, sapientemente scelto da Bumbu-Bombolone: una mezza comune di ragazzi infoiati. 

Galway

Se questo fosse stato il nostro primo giorno di vacanza, avremmo cavalcato l'onda ma, dopo aver spinto a full gas per tre giorni, il tempo delle zingarate è enough, siamo sulle gambe e ci rendiamo conto di non avere vite infinite come nei videogiochi. 
Ciò nonostante salimos per passare la serata in città lungo i cui viali si sta svolgendo una grande festa, motivo per cui il Bombardiere dice di aver scelto Galway come ultima tappa della scampagnata irlandese. "Certo che sapevo che questa domenica qui ci sarebbe stato un party!" 
Verità? Fantasia? 
Mi piace credere che sia un'innocua bugia con cui il Fabione internazionale cerca di alimentare il proprio slogan del:"Io non vi organizzo un viaggio, vi regalo un'esperienza"

Transeat. Siamo davvero cotti come baccalà e, a parte assistere a Bomber che apre le porte di un pub urlando:"Open the doors for the King in the North", a parte cenare -finalmente- con fish & chips (male male) e a parte degustare la specialità irlandese del Mars fritto, la serata è polleg e senza numeri da funamboli. Per cui, nonostante la festa cittadina sia in corso e la temperatura mite inviti ad approfittare della notte, raggiungiamo presto la branda, ammiriamo per l'ennesima (e speriamo ultima) volta Bubu che pratica la nobile arte del FKK (non fosse che il suo culo sembra una rastrelliera per biciclette, vive in grande sintonia con il proprio fisico) e spingiamo i nostri corpi verso l'unica sagra per cui ci sentiamo adatti stanotte: la sagra del dormire. 


DALKEY


Welcome in, welcome in... shame about the weather

Colazione allo Spar tra gabbiani che planano ripetutamente senza mai atterrare (una premonizione che, ahimè, non colgo) e pioggerellina fitta (da queste parti una giornata così non viene classificata come "Shame about the weather" ma come "Lovely Day"), spese varie di paccottiglia da portare ad amici e parenti, consigli per gli acquisti ad altri clienti, e partiamo alla volta di Dublino, pronti a far rientro in Italia. 
In anticipo sui tempi, sostiamo a Dalkey, paese alle porte di Dublino in cui il Bombardiere ha vissuto e lavorato qualche anno fa. Dal molo -colpo di buona sorte- avvistiamo una foca, dalla strada osserviamo casa di Bono, Enya e qualcun altro di cui non ricordo il nome, e visitiamo esternamente l'hotel in cui aveva lavorato il nostro Fabio Grosso.
Per tutta la durata della vacanza mi sono chiesto come un elemento di tale posta (che non mi stancherò mai di dirlo, è di un'ignoranza sensazionale) sia riuscito ad imparare così bene anche solo la lingua. Mentre ci racconta della sua esperienza lavorativa di albergatore riconosco che sì, sarà un ciccione pesante e meravigliosamente insopportabile, ma che, se ci si mette, è un gran lavoratore e un uomo che sa il fatto suo.
Per il resti, di Dalkey va a referto il Witch Hat, curiosa costruzione che svetta da una collina sopra il paese.

L'Irlanda non finisce mai di stupire

Facciamo rotta verso il rent-a-car dove restituiamo la macchina che mai come con noi ha vissuto emozioni così forti, e da lì raggiungiamo l'aeroporto, facendo, da bravi bamboz, le smorfie ai compagni di semaforo. 
Entrati nel terminal, notiamo subito che qualcosa non va: per esempio il nostro aereo è in ritardo di quattro ore. Sappiamo che l'Italia è stata colpita da una fortissima perturbazione e scopriamo che alcune compagnie han preferitonon far alzare i propri aerei dagli scali italiani. 

L'unico spazio su cui volava era il tappeto verde di Highbury

Ora, per chi non lo sapesse.io sono come Dennis Bergkamp, "The non-flying dutchman", ossia ho una fottuta paura di volare. Non bastasse, in questa settimana sui cieli dell'Ucraina è stato abbattuto un aereo di linea, un altro è scomparso in Africa qualche giorno fa e un'altro sarebbe caduto di lì a poco. 
Insomma, va bene sfidare la legge dei grandi numeri ma non sembra che questo sia il momento migliore per giocare a dadi con la sorte. Temo di avere un grande avvenire alle spalle e che il peggio debba ancora arrivare. 

Gli aeroporti possono essere insidiosi, Signor Navorski.

Approfittiamo del tempo che di certo non ci manca per sfamarci, leggere le news su internet e chiacchierare. Alla seconda ora capisco i sentimenti di Tom Hanks in The Terminal e riesco anche ad immaginare come si fosse sentito Berbatov quando si smarrì misteriosamente nell'aeroporto di Francoforte. 

Facciamo i conti e diamo a Bubu, massimo azionista della vacanza, il proprio credito. Rispetto a quanto avevo prima di aprire il portafoglio, rimango con il becco di un quattrino. Paradossalmente non mi son mai sentito, finanziariamente parlando, così bene. Senza più soldi in tasca non ne posso più né perdere né sperperare e, considerando che la vacanza non è stata esattamente da cheapermen, è veramente una grande notizia. 
Bello lo sketch con Bonetti cui confido:"Se non avessi smarrito gli 80 € del Black Friday a Dublino, avrei speso come voi" e lui:"Non so se hai fatto peggio tu a perderli o io a comprarci questo orologio. Direi che siam pari.".

Bello... ma non bellissimo



ROCK YOUR BABY (OVVERO DELLO SPIN-OFF DELL'AVVOCATO BALLERINO) 

Dopo aver assistito a Bomber che scagareggia nel bagno dell'aeroporto, invocando un paio di mutande pulite, ci appoggiamo in uno dei pochi bar ancora aperti. 
Perdo lo sguardo verso l'immenso corridoio e proprio in quel momento si avvicina un uomo mulatto, sulla cinquantina, non molto alto, leggermente corpulento ma non grasso. Indossa una polo comoda, abbondante e lenta, un paio di jeans anonimi probabilmente acquistati da Penney's e porta un'occhiale fine, da intellettuale. Pare un personaggio in cerca d'autore ed è sicuramente un professionista, potrebbe essere un medico o un avvocato, che so. Non si siede ma appoggia il gomito al parapetto che separa il corridoio del terminal dalla sala del bar. Dall'altra parte, di fronte a lui, siede una nutrita ghenga di ragazzotti irlandesi che sta ingannando l'attesa tracannando tutte le birre che riescono ancora ad ordinare. Un contrasto molto buffo che mi colpisce tantissimo e che fa sì che il mio sguardo vi rimanga incollato. 

La colonna sonora all'interno del locale è gradevolissima, passano classici d'annata senza interruzioni radiofoniche di sorta. Attacca Rock Your Baby, canzone mai sentita prima in vita mia ma che trovo subito piacevole, per cui chiedo a Bonetti se ne conosca il titolo e lui, con spirito pratico e un buon senso musicale che neanche l'Uomo Gatto:"Non la conosco ma ripete sempre Rock Your Baby, si chiamerà Rock Your Baby..."

Uno può anche non crederci ma il professionista era uguale a George McCae: forse era lui ma senza baffi

C'era sempre stato uno schema a monte di questa scena, un masterplan... insomma, era scritto che i miei occhi dovessero inchiodarsi sul professionista mulatto perché, tutto d'un tratto, comincia a muoversi al ritmo del brano suindicato, rapito dalle vibrazioni, come se fosse da solo e come se fosse in una dimensione tutta sua. 
Ora, considerando che io ballo solamente da sbronzo e per lo più in presenza di persone che possano difendermi nelle sedi legali più appropriate, vedere questo avvocato/medico ballare al ritmo di Rock Your Baby è una scena formidabile, specie perché i ragazzotti bariaghi davanti a lui sono rimasti incantati proprio come me, col bicchiere a mezz'aria e lo sguardo fisso sul suo balletto. Come idea mi viene in mente Praise You ma l'eroe che ho davanti in questo momento è molto più composto, la sua danza molto più discreta e, soprattutto, differentemente dal ballerino del video di Fat Boy Slim, non assomiglia al mio dentista. 

L'unico motivo per cui non piango/urlo quando mi siringa per l'anestesia

Allo stesso tempo però è davvero magnetico, è come quel liquore che al primo sorso affascina e al secondo strega. 

C'è stata una volta in cui il papà di Berta mi offrì o un Liquore Strega o un Amaro Zucca. Momenti bellissimi ma anche no.

Il mulatto balla sulle punte, gesticola, ruota la testa a destra e a sinistra, e tiene gli occhi rigorosamente chiusi, forse per immaginare la sala da ballo ideale o ricordare i bei tempi andati di quando ascoltava gli Abba e compagnia danzante. Non fosse per quest'ultimo dettaglio -intendo gli occhi serrati- mi ricorderebbe Checco ai tempi dell'Oasis quando, individuata la propria mattonella, ballava tutta sera ed ogni canzone allo stesso modo, e senza muoversi un metro più in là rispetto alla sua zolla. 
Poi un istante, più che sufficiente, in cui il professionista apre gli occhi, torna sul nostro pianeta e s'accorge che il tavolo degli sbronzoni è divenuta sua platea e sua giuria. Lui, vedendoli distrattamente, realizza l'immensa figura di merda che, preso dai suoi istinti ritmici, ha appena confezionato lì, bell'e che impacchettata per un pubblico che si presenta tutt'altro che ben educato e competente. 
E invece... invece gli irlandesi indovinano il timore che sta frullando nella testa del mulatto, calano i bicchieri, si levano in piedi e si lasciano andare in applausi scroscianti a scena aperta, accompagnando il battimani con urla e congratulazioni, finanche a chiedergli il bis. Il professionista ride, china il capo, quasi si vergogni del sincero omaggio riservatogli da questi insoliti spettatori ma accenna altri due passi, così, giusto per ricambiare il loro apprezzamento.
Alla fine si stringono le mani a vicenda, brindano alla sua salute e inneggano cheers con una sonora e genuina risata.
Come direbbe una mia amica: ogni tanto viva la gente! 


SO LONG, IRELAND 

Passate le quattro ore d'attesa, giunge, se Dio vuole, il momento tanto agognato dell'imbarco. 
Guardo i miei compagni, stanchi, un po' pensierosi ma felici.
Bomber è emozionato, la sua rovente storia d'amore con l'Irlanda si è arricchita di un nuovo capitolo, forse non quello che ricorderà con più trasporto affettivo, ma, mi piace pensare, uno dei più divertenti. 
Bonetti non solo ha giocato un personalissimo rematch col proprio passato, saldando un vecchio debito pendente, ma ha tolto dal cassetto uno dei sogni che aveva fin da bambino. 

Sandro Piccinini direbbe:"Decolliamo!" e, come anticipato nel primo capitolo della saga, i miei due soci s'addormentano di botto ed io ne approfitto per scrivere. Il viaggio scorre tranquillamente, eccezion fatta per qualche turbolenza e per il senso di incredulità che il mestiere di hostess suscita in me.
Ma cosa vi dice il cervello, signore mie? 
Verso le due di notte arriviamo sui cieli di Pisa e ci informano che fuori piove a dirotto e non si vede un cazzo. Quella specie di uragano che qualche ora fa ha colpito l'Emilia dev'essersi trasferito right here, right now. 
In casi come questi, quando il futuro prossimo non mi sembra benaugurante, guardo nella mia coscienza e valuto se ho sospesi con gli Dei. Direi d'essere a posto e direi lo stesso anche per Bonetti, uomo di Dio. Riguardo Bubu non mi sento di garantire, dato che in Irlanda, di qualsiasi inezia si trattasse, ha scomodato i Santi di almeno undici mesi. 

Vaffanculooooooooo!!!

What happens next? Vado tosto a raccontarvelo, colpo su colpo, infarto mancato per infarto mancato.

Fase 1
 Il pilota inclina l'aereo e si appresta all'atterraggio. 
 Gna fa. 
 Torna all'altezza precedente e si prepara per il secondo tentativo. 

Fase 2. 
Guardiamo fuori dal finestrino e sono lampi, tuoni, saette, fragori, albori di guerra universali, scontri letali... un po' Sonica e un po' Una musica può fare. 


La... Maggiore!

Secondo tentativo: non va. 
L'aereo riprende quota e a me pare d'essere l'aquila che studia la preda, ma non sembra che l'aquila, in questo caso, abbia le idee così chiare, né che sia così lampante la preda. 

Fase 3. 
Bonetti, sedicente "astrologo" (nemmeno ASTRONOMO, ma ASTROLOGO), dice che il maltempo è passato, che dal finestrino il cielo è sereno e riesce perfino a vedere l'Orsa Maggiore; la sua disamina indica quindi che siam pronti all'atterraggio. Per tranquillizzarmi guardo fuori anche io ma l'uniche luci che brillano, che per altro non sono nemmeno chiare, sono quelle dell'ala dell'aereo. 

Cercare di capire come Bonetti abbia potuto individuare sette stelle in sequenza è un mistero pari a quelli di Fatima

Il pilota ancora una volta cerca di scendere a terra: niente da fare.
Avete visto il film "Gravity"? Ebbene, la situazione è molto simile a quella di:"Houston: in the blind".


Forse averlo vista prima di partire non è stata una buona idea


Fase 4.
Vado fuori di testa e, dopo aver stretto il braccio di Bomber per tutti e tre i tentativi sperimentati, entro nel mio momento Lana Del Rey. Sono pronto a guardare in faccia i miei compagni e dir loro:"Kiss me hard before you go" e prepararmi al peggio. 

S-s-s-sumertime sadness...

L'aereo abbattuto in Ucraina, i gabbiani di Galway reticenti ad atterrare, la mia paura di volare che mai come questa volta s'è fatta sentire fin dal momento, tre settimane fa, in cui abbiam prenotato, erano stati tutti segnali che capisco di aver sottovalutato ma che battevano tutti sullo stesso tasto: sciagura a me.
Gli altri passeggeri cominciano ad agitarsi, vorrebbero che il pilota cambiasse scalo e ne scegliesse uno con migliori condizioni di visibilità ma, fedele al motto di Winston Churchill:"If you're going through hell, keep going", lo scellerato comandante sembra deciso a provare un'altra volta, la quarta. 

Poi il vuoto.
Un momento che dura fino a quando salgo sulla navetta che ci traduce dall'aereo al terminal in cui non ho memoria di niente se non che mobilito metà dei passeggeri perché trovino la mia valigia, che Bonetti ha egregiamente infilato in uno scomparto in culo alla miseria.
Siamo a terra, siamo sulla navetta, siamo nel corridoio dell'aeroporto di Pisa, siamo in autostrada, sono ormai le quattro del mattino ma chissenefrega, siamo sani e salvi.
Distrattamente ascolto Bomber che riferisce le parole del pilota:"Ha detto qualcosa tipo 'Storm on ground' e che se non fosse riuscito ad atterrare al quarto tentativo, avrebbe cambiato scalo, anche perché il carburante stava cominciando a scarseggiare,", Mi chiedo cosa stiamo aspettando a trasportare Top Gun davanti a un commissariato di Polizia ma forse era giusto che una vacanza così entusiasmante culminasse con un'ultima, intensa, scarica di adrenalina.

Prendiamo la strada di casa, diluvia e sembra che si siano aperte le cateratte del cielo. Bonetti, come se non bastasse, ha un problema alla macchina e si ferma al primo autogrill. Non riuscendo a risolverlo da solo, chiede il mio aiuto ma, ricordandosi che non sono Adrian Newey, chiosa con un:"No, Zeman, te no. Sveglia Bomber!" il quale però ci manda nemmeno troppo cordialmente affanculo e continua a ronfarsela.

Once red you can go back

La Florence canta:"It's always darkest before the dawn" e così è anche sull'A1, quando all'improvviso svalichiamo il passo, scendiamo i colli bolognesi e, in un amen, raggiungiamo l'uscita di Modena Sud.
Siamo a casa.
Albeggia e, pensandoci bene, è tanto che non arrivo a casa così presto/tardi. 



Come credo di aver dimostrato con questa saga divisa in capitoli, ho avuto un bel po' di roba da scrivere. Non credo diventerò il classico nostalgico dell'Irlanda, sedotto e abbandonato dai suoi cieli, né mi brilleranno gli occhi quando li ricorderò, ma son convinto che questo viaggio abbia per me valori che tra qualche anno assumeranno un peso specifico incalcolabile nella galleria dei miei ricordi più belli. Al netto, ovviamente, dei quattro tentativi di atterraggio dello sciagurato pilota che, in un modo o nell'altro, ci ha riportato a casa.

"Io non vi organizzo un viaggio, vi regalo un'esperienza".
E così è stato.

Croazia, dobro!

IMMANCABILE PREMESSA

Chi mi conosce lo sa, non sono più carabiniere e, oltre a questo, sa anche che ho comprato un taccuino ove raccogliere appunti delle mie gite fuori porta. Per cui lascio un attimo in sospeso le avventure irlandesi (ancora in attesa del tragico epilogo), per ceder spazio a quelle croate, appena vissute, trascorse tra Zagabria, Plitvice e Novi Vinodolski, riguardo cui ho scritto giusto qualcosina, tipo un'enciclopedia omnia De Agostini.


Hai un bel po' di roba lì, eh? Sì?

Mentre mi ustionavo sulle spiagge del Quarnaro ho letto un libro (che chissà quanto tempo fa avevo comprato per poi mollarlo alla polvere e a qualche sguardo distratto) che, più che un romanzo o un racconto, è un vero e proprio memoriale. Non entro nel merito di chi o di cosa parli, non è importante (per lo meno non in questo frangente), ciò che conta è che si tratta di un resoconto dettagliato di memorie e di ricordi. E non credo sia un caso che mi ci sia imbattuto proprio quando ho deciso di mettere a referto ogni cosa considerassi significativa. Perché sì, ho capito che valore abbia la scrittura delle proprie vicende, specie quando non derivano dalla routine quotidiana ma da “avventure”, più o meno grandi, no matter what.
Per assurdo è come se, non scrivendo niente, smarrissi i giorni e ne buttassi via pensieri, parole, opere e omissioni. D'accordo le foto, al naturale o rivedute e corrette by instagram, ma uno scatto, per bello che sia, non può raccontare tutto. Quante volte riguardando una fotografia si sorride, ce ne si compiace, ma non ci si ricorda di tutto quello che c'è stato dietro? Ecco, tipo.
Allora scrivo, con la speranza di essere più sintetico delle altre volte, speranza vana che, come al solito, saprò disattendere con logorroica maestria.

Ti manca un armadio dove mettere i giorni che stiamo perdendo


LUBIANA

Di autostrade di merda ce ne sono, ma come quella che passa sopra Venezia, no.

Dovendo attraversare la Slovenia per raggiungere la nostra prima tappa, Zagabria, decidiamo di sostare qualche ora a Lubiana. Per cui, dopo essere partiti alle quattro del mattino ed essere prima stati ammaliati da una caleidoscopica alba autostradale #nofilter, veniamo poi accecati dal sole che conferma di sorgere ad est, e cazzo se lo conferma. Della serie: per almeno mezzora non ci ho visto una beneamata minchia.
Quindi, dopo aver barattato la partenza intelligente con una coda ignorante all'ultimo autogrill friulano per comprare "la vignetta", vale a dire il salvacondotto per le autostrade slovene, sconfiniamo tra percorsi splendidi e boschi rigogliosi e, in men che non si dica, raggiungiamo Lubiana. Ne vale la pena. Le impressioni sono di una città a forma austro-ungarica e a sostanza tendenzialmente italiana. Emblematico è il nome di un caffè nella piazza principale: Kapuciner, grammatica crucca e aroma de noantri.

Uno scorcio del fiume Ljubljanica che attraversa la città

L'architettura ricorda quella delle grandi città austriache o bavaresi, con la differenza che in giro non c'è odore di crauti, wurstel o patate lesse stracotte fuori e crude dentro, ma di frittura di pesce e birra Lasko. Non me lo faccio ripetere due volte: ne approfittiamo.

La frittura migliore al mondo: ore 10.30 del mattino

La cordialità, poi, non è nemmeno lontana parente di quella d'oltralpe (con l'accezione tirolese o bavarese), anzi: se ci fosse un modo per definire questa gente, direi che si tratti di italiani dell'est, del profondo est ma pur sempre italiani, con una spiccata predisposizione ad intrattenersi con gli avventori e a scambiare con loro qualche parola. 

Lasciata la Capitale slovena, puntiamo a oriente, in direzione Croazia, che raggiungiamo dopo esserci fermati per un caffè nel bel mezzo del niente, al bar Evropa, che non so perché si chiami così, dato che è ideologicamente a metà strada tra il Kentucky di Dorothy del Mago di Oz (questo è infatti ciò che ci suggerisce il panorama intorno) e una più che labile memoria della Jugoslavia che fu (rappresentata invece dai fazzoletti filo-sovietici con cui le vecchie contadine del posto si raccolgono ancora i capelli).


ZAGABRIA

Arriviamo nella Capitale croata a pomeriggio inoltrato e, tempo di una siesta, usciamo a cena. Sfruttiamo il cambio favorevole (finalmente capisco come si sentivano i tedeschi ai tempi d'oro del "Marco in Riviera") per cenare al ristorante. I primi e la carne, seppur abbondantemente salati e conditi, sono gustosi e, per il prezzo pagato, meriterebbero un secondo assaggio. Purtroppo però non sosteremo qui più di una notte.
Diamo uno sguardo alla Lonely Planet -che più che una guida sembra un romanzo di genere- per decidere dove dirigerci e, magno cum stupore, scopriamo che tra le mete indicate risulta esserci il nostro hotel, una prestigiosa ed antica struttura costruita per ospitare i passeggeri dell'Orient Express, ovvero Re, governanti, politici (e, giustamente, con qualche secolo di ritardo: noi) quando Zagabria non ne era altro che una piccola tappa di passaggio. Ecco spiegato come mai ci abbiano parcheggiato la macchina, portato in camera le valigie e fatto intendere che qualche "tip" non sarebbe stata disdegnata (ti ho dato 10 euro, ti ci fai serata, amico mio!) nonostante io fossi vestito con la classica camicia da grigliata e donna Ilenia fosse travestita da Panariello al Bagno Maria. Bella botta di culo aver trovato l'offerta del secolo, perché di essere serviti e riveriti come fossimo alti regnanti non ci succederà mai più.

Diciamo che ho dormito in posti peggiori



È sabato 16 agosto e, sarà perché è sera o perché gli abitanti sono al mare ma la città è deserta e anche un po' scura. Intere strade non sono illuminate e, a parte la piazza principale, l'unica via in cui c'è un po' di movida si chiama Tkalciceva Ulica, piena di giovani, di localini e di birre da 0,50 che costano solamente l'equivalente di venti centesimi in più rispetto a quelle da 0,33: un mistero della fede, tanto inspiegabile quanto magnifico.
Fatta serata, torniamo al nostro lussuosissimo hotel, all'interno del quale, nella celebre ballroom, sono in corso i festeggiamenti di un matrimonio appena celebrato. Fossimo in Italia non ci penserei due volte ad imbucarmici ma il luogo comune del "Spaco botilia uccido familia" è abbastanza pressante e mi dissuade dal farlo.

L'indomani mattina, la colazione è luculliana e, solamente quando il caposala, dopo averci squadrato per tutto il tempo neanche fossimo due scappati di casa, ci rassicura:"Mmm... yes, your continental breakfast is included", parole che suonano come una formula magica, ci alleggerisce il cuore e non il portafoglio come temevamo.

Non succederà più (tra l'altro pezzo della vacanza)

Scattata qualche foto in Jelacica Trg, visitiamo la Torre Lotrscak proprio quando dal suo interno viene esploso un colpo di cannone, che qui è una ritualità dato che ciò avviene ogni giorno a mezzodì; dedichiamo qualche ora al Museum of Broken Relationships, interessantissimo spazio artistico dove vengono raccolti i cimeli delle storie finite male, donati dai cuori infranti di tutto il mondo, e ci prendiamo tempo per una passeggiata lungo i viali. Da queste parti non si dice "fare una vasca" come da noi, c'è un nome e un cerimoniale preciso: "Spica". Ci si ferma in un qualche bar per sorseggiare una karlovacko o bersi un caffè, ci si prende un break e si contempla il passeggio.
Rimangono di impossibile comprensione due cose:
1) I baracchini di ambulanti che smerciano pannocchie grigliate, assiepati in ogni vicolo della città;
2) Alberto Camerini in filodiffusione lungo le vie della Spica.

Jelacica Trg


A corti discorsi Zagabria è una capitale tascabile che si gira in una mattinata, è un incrocio tra ambizione da grande città europea e malcelata provincialità. In generale mi colpisce meno di Lubiana. Non so, forse è l'eccessiva razionalità di alcuni edifici socialisti che hanno inevitabilmente appesantito le linee altrimenti aggraziate dell'architettura asburgica, o il modo di fare della gente, più grigia di quella slovena, un po' più fredda e distaccata, ma come città non mi finisce. Comunque sia, la mettiamo sulla mappa e procediamo oltre.


PLITVICE

Il tour prevede una sosta di due notti presso i laghi di Plitvice.

Where to?
Penny's way in Plitvice's lakes. Give me a map and a Karlovacko and everything is dobro!

Raggiungerli si rivela una fatica di Sisifo. Il navigatore ci conduce off the beaten roads lungo una strada tortuosa che attraversa quelle che, con tutta probabilità, sono state zone di guerra. I nostri sospetti al riguardo diventano conferme quando prestiamo attenzione agli edifici intorno. I muri di qualche casa sono ancora smitragliati e dal colore di alcuni tetti si intuisce che, al tempo, diverse abitazioni furono incendiate. È impressionante e anche un po' angosciante: è passato un ventennio ma per quelle costruzioni semidistrutte il tempo sembra essersi fermato alla metà degli anni '90. Certo, se il navigatore non ci avesse indicato questa strada di merda che stiamo iniziando ad odiare, ne avremmo percorso una molto più agevole e serena (della cui esistenza avremmo scoperto solo due giorni dopo, li mortacci), ma non avremmo fatto caso ai segni della guerra e la mia curiosità non si sarebbe accesa.
Infatti, arrivati al nostro albergo dopo lungo peregrinare e diversi "Good luck" da parte delle persone cui chiedevamo informazioni riguardo alla strada, mi documento e scopro che la prima vittima della guerra di indipendenza croata si ebbe proprio qui, a Plitvice, luogo che i serbi occuparono convertendo tutti gli alberghi e gli alloggi della zona in caserme e basi provvisorie.
Più ci penso e più mi fa strano: queste cose mi avevano sfiorato quand'ero un adolescente e le sentivo commentare al telegiornale quasi fossero notizie che provenivano da un altro pianeta. Mi tornano alla mente i temi a contenuto di attualità che la nostra professoressa del tempo ci faceva scrivere e mando un messaggio al mio amico Checco, compagno di Liceo. Son passati nemmeno vent'anni, il tempo di una generazione: tanto basta perché la storia di ieri venga considerata preistoria moderna. Il solo pensarci è quasi più scioccante dell'aver visto le case semidistrutte ai lati della strada.

Mangiamo due ciabatte nel ristorante dell'hotel, prendiamo un digestivo presso il barettino e non riesco a trattenere un sorriso nel leggere la scritta sopra il bicchiere in cui versano una generosa quantità di Jagermeister: "18 Isola Bella", nome di un liquore che in Italia deve essersi estinto almeno quarant'anni fa insieme all'Amaro Cora, al Punt e mes e allo Stravecchio Branca.

Minuto 29'22"

Ci accorgiamo che qui è pieno di turisti, molti di questi sono italiani, tedeschi e, non mi spiego come, asiatici. Usciamo all'aria aperta per fumare una sigaretta e la prima cosa che sentiamo pronunciare è:"Vacca boia, ec fradd!". È una signora che capiamo essere di Bologna, anche lei in gita a Plitvice insieme ad alcuni amici.

Il giorno successivo, la visita dei laghi ci lascia senza fiato.

I luoghi (per niente famosi) del Crauti - Western. Sì, è esistito davvero un filone cinematografico chiamato così

I laghi di Plitvice sono in assoluto una delle cose più belle che abbia mai visto, quando si dice:"gli effetti speciali ce li mette il Creatore". Al di là della storia che ho constatato essere stata derubricata (a ragione o per mera convenienza) tra le cose brutte da non ricordare, la natura è paradisiaca. Cielo, terra e acqua hanno tutti i colori del pantone. L'unica pecca sono i turisti che rendono impercorribili le splendide ma strette passerelle di legno che attraversano boschi, cascatelle, piccoli ruscelli collegando tra loro i vari laghi. Sembra d'essere al Grandemilia alla Vigilia di Natale, con l'aggravante presenza di coglioni che girano con la go-pro e scattano foto ogni tre per due. Se si considera che già io non ci vedo una mazza, le passerelle sono scivolose perché sono sapientemente costruire a filo dell'acqua, si cammina in fila indiana e ogni quattro passi diventano tutti fotografi, è un mezzo miracolo se non vado a sbattere contro chi mi precede, finendo dentro ai laghi.
Noi ridiamo, ma c'è gente che davvero gira con un bastone attaccato a una specie di macchina fotografica e si sente autorizzato a spaccare il cazzo al mondo intero, roba che se glielo prendo, quel bastone, glielo infilo su per il culo.

Senza colpo d'occhio...

La folla di visitatori è sconcertante.
Sento le parlate di molte regioni italiane, è pieno di ragazze giapponesi (che m'accorgo essere più belle su Youjizz che dal vivo), di turiste slave (belle davvero, l'unico peccato è che siano vestite) di tedeschi dall'immancabile accoppiata calze bianche e infradito e qualche ammerreggano. I gestori del posto hanno disseminato alcuni punti di ristoro dove la birra costa meno dell'acqua e viene arrostita qualsiasi cosa possa essere grigliata: gente saggia e premurosa che ha capito che anche la lungimiranza non si improvvisa e può divenire un capolavoro quando significa intuire che i visitatori possano sentirsi improvvisamente affamati davanti ad uno spiedo di porchetta.

Se magna!

L'ultima sera chiediamo ragguagli circa qualche bel locale dove poter cenare, data la cattiva esperienza del ristorante interno all'albergo. Di tutta risposta, uno dei due portieri esibisce un truffaldino sorriso a centoquarantacinque denti e ci consiglia una festa in una città vicina. Gli chiedo perché accompagni l'imbeccata con un ghigno demoniaco che lo fa sembrare Iggy Pop e la replica:"Grande fiesta, ciè tuto, alcol ragaze bumbum" rimette in circolo il mio non ancora sopito luogo comune del "Spaco botilia uccido familia" dissuadendomi dal seguire il suo gentile consiglio.

"Nota bene" a margine. Tutti quanti, esclusi gli italiani, parlano in inglese cento volte meglio di me. E, quel che fa ridere è che, per non so quale mio difetto di pronuncia, a stretto giro mi confondono per spagnolo (eh vabbè), portoghese (prego?), tedesco (mazet!) e inglese (thank you, you're very kind  but I'm not).


NOVI VINODOLSKI - MARE

Infine il mare.

Giocavamo a carte contro un tizio del posto. C'eravamo giocati l'orologio e avevamo perso tutto. Poi l'ultima mano e il tizio si gioca la casa al mare qui a Novi. Perde. Diciamo che vabbè, fa lo stesso, ci basta riavere indietro le nostre cose, in fondo è un gioco, che si tenga la casa. Lui non accetta, ha perso e la casa al mare diventa nostra. Torniamo in Italia, sentiamo dai Carabinieri come ci si deve comportare in questi casi e ci rispondono che è tutto ok, che il tizio è un signore ricco sfondato che gioca fino a perdere di proposito, non siamo i primi cui "regala" una delle tante case al mare, non saremo gli ultimi.
Peccato fosse "il sogno dell'Ile e non la realtà".

Data la pessima avventura lungo la strada di guerra, decidiamo che la traversata dall'entroterra verso il mare debba avvenire nel rispetto di un itinerario ben pianificato con precisi tempi da rispettare.
Così è o dovrebbe essere ma non ci pare e decidiamo quindi di non prendere nessuna autostrada e procedere alla cazzo di cane, puntando paese dopo paese fino alle coste del Quarnaro, tanto il tempo is on our side. Ci dice bene e arriviamo a Novi Vinodolski.
Lungi da me sbabbelare una serie di stronzate clamorose alla  "Cono 5 stelle Sammontana" (anche perché solo a sentire la parola cinquestelle mi viene l'orticaria), ma descrivere la settimana a Novi Vinodolski costerebbe troppa fatica e forse non ne varrebbe nemmeno la pena. Meglio un elenco scoordinato, contorto e pesante come nemmeno un flusso di coscienza di James Joyce avrebbe potuto essere.

Mediterraneo - Una faccia una razza

Il Mare è Nostrum anche da questa parte ma qui si vede il fondo, forse perché non ci sfocia il Po. Il tavolo e le sedie accuratamente appostati all'ombra in riva al mare dove i vecchi giocano a carte quando fa sera. Verde, sole, scogli e blu, sembra d'essere dentro "Mediterraneo" e come ha detto il mio amico Santu io ho del "Claudio Bisio". Barche, simil-pedalò e catamarani-rock popolano l'acqua che risplende alla luce del sole, quasi fosse un naturale gioco di specchi tra cielo e mare. Addormentarsi sul lettino e scorreggiare senza rendersene conto: ufficiale, sto diventando un vecchio di merda ma che gusto! Cercare il largo col materassino e il degno corollario di ustionata scontata: regolare. Running lungo le viuzze sul mare: tot eter quel rispetto al miglio veloce a Maranello o al campo d'aviazione a Pavullo. Le passeggiate tra Pekera, Minimarket, bar lozzi con Karlovacko a 15 kune e Tisak (il tabaccaio: parola importantissima da ricordare). Ritrovarsi in un resort coi fantacazzi, sfruttarlo al 30% e sentirsi costantemente a disagio dati il lusso e gli agi per gente di un certo livello che non siamo di certo noi. Il sogno di donna Ilenia (da cui forse avrei fatto bene a partire per raccontare quest'ultima parte). Leggere in spiaggia, finalmente leggere, e continuare a farlo senza curarsi del tempo, senza guardare l'orologio e realizzare che si è letto in posti peggiori (tipo in treno, in aereo, in sala d'attesa in ospedale...). La bella culandrona. Abbronzarsi come quando avevo quindici anni e andavo ancora al mare con i miei genitori. Tendenza a FKK più o meno costante. Tette che sfidano apertamente le leggi di gravità. Bagnanti che sembrano baccanti in stato d'estasi. Krafen cucuritza mais pop porn.La mia mise da Pierluigi Pardo, pantaloncini da calcetto e camicia elegante. Il ristorante Luka's dove, dopo esserci andati tre sere su sei, siam diventati di casa e ci siam cavati la voglia di pesce per almeno tre estati pagando prezzi che in Italia non esisteranno mai.  Domandare quando dicono Messa (intendendo l'orario) e sentirsi rispondere:"Maybe on sundays". Grazie. Comunque son riuscito ad andarci lo stesso e l'unica cosa che ho capito è stata:"Amen". I tedeschi che vanno a mangiare la pizza alle 5 del pomeriggio: poi uno si chiede com'è che han perso due guerre. Se da queste parti ci sono stati il Socialismo più o meno reale e una serie di guerre di merda, pare che abbiano cancellato tutti quegli eventi. Quanto tempo? Cinquanta, sessant'anni? beh, pare proprio che li abbiano cancellati di netto tanto l'oro di queste coste non avrebbe preso mai macchia e avrebbe attraversato ogni epoca. Forse han fatto male, forse no. Comunque sia, a testimonianza del processo di secolarizzazione occidentale ovunque compare la scritta della Coca-Cola che, a ben pensarci, è la cosa più democratica che ci sia. La stari-grad, ossia la città alta. I mielai sulla strada verso Fiume. L'Italia. La redenta Trieste (Trst, per chi sta oltre il mutilato confine) e la sua piazza, più bella di un gol al 90'. E poi casa.

Novi Vinodolski - Starigrad


DOBRO

Ho pensato tanto, mentre scrivevo, a come avrei potuto intitolare questa sbabbelata.
Ebbene, quando ho rimesso piede a San Antonio, TX, ho contato le parole che avevo imparato durante la mia permanenza nell'Impero Austro-Ungarico. In realtà sono solo tre parole e non sono sole cuore e amore ma: hvala (grazie), karlovacko (come si sarà potuto evincere la birra nazional-popolare: the first croatian word you have to learn) e dobro.

Dobro, a seconda del momento della giornata o della situazione può voler dire:
- bene;
- bene bene;
- benissimo;
- bene ma non benissimo;
- buono/a
- Hai detto Sandro?!?
- enjoy!
- ok;
- certamente;
- prego;
- figurati;
- ciao;
- oggi fa bel tempo;
- sono 20kune;
- Anche tu conosci Sergio di Rio?
- vuoi che ti gonfi il materassino?
- la pizza la vuoi col prosciutto o senza?
- il parcheggio è là davanti e sono 10 euro al giorno ma non te lo dirò fino al check out.

Insomma, Dobro può voler significare tutto, per cui s'adatta benissimo come intestazione dell'articolo e si prende pure i titoli di coda.
Tanto mi dovevo: Croazia, dobro!

...hvala!

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