Transeuropa Express - Day 4

Un'insolita Luna di Miele di venti giorni in giro per l'Europa con la Punto.
Per l'occasione due cari amici mi hanno regalato uno splendido diario di viaggio su cui vergare i miei appunti. Nell'attesa di capire cosa farne, ho cominciato a sbobinare tutto e ho deciso di pubblicare sul blog i resoconti giornalieri delle varie città, e di farlo con cadenza casuale e indefinibile. Insieme al diario c'era anche una bussola, al cui interno era riportata una frase:"Not all those who wander are lost". Se non altro come omaggio al presente della coppia di amici, ho valutato più volte di utilizzarla come titolo ai miei scritti, ma ha prevalso quello su cui m'ero intestardito fin da subito:"Transeuropa Express", a ricordo di un sacco di cose a me molto care e che con questo viaggio avrebbero finalmente trovato una loro profondità.
Dopo il resoconto su AostaParigi e Bruxelles è il turno di Bruges, dell'età di mezzo estesa al presente, di cieli in movimento, dei Fratelli Grimm, del perché Pavullo sia così ombelicamente legata al Belgio,di scultori rinascimentali e piacevoli sindromi di Stendhal, dei 2many DJ's e dei dEUS.

Martedì 04/08/15 – Bruges

Sostanziosa continental breakfast. Era da un anno che non mi ingozzavo di prima mattina con pancetta abbrustolita, salsiccia e wurstel, almeno da quando ero stato in Irlanda con Bomber e Max. E quanto mi mancava, ci voleva proprio! 
Bruxelles e Bruges sono entrambe in Belgio e non distano che qualche ora, ma di sicuro non ne sono alla stessa pagina dei libri di geografia e storia. Bruges/Brugge, capoluogo delle Fiandre Occidentali e cuore della comunità fiamminga, è un piccolo gioiello preservato nella sua bellezza medievale. 
Sebbene sia stata condizionata da secoli di storia, non sembra essere cambiata di una virgola: conserva un fascino autentico ed intatto, pare la proiezione reale e tangibile di una città di un’altra epoca.
Dopo aver preso piede nel nostro hotel di turno, chiamato “Academie”, usciamo per visitarla.

Tutto molto bello

Purtroppo Bruges è affollata come il Grandemilia alla vigilia di Natale ma nonostante questo riusciamo a farci largo tra gli sciami di turisti (che avremmo poi scoperto essere per lo più occasionali, gente che prende il treno dalle varie città del Belgio e che viene qui per la più classica delle gite fuori porta) ed ammirarne piazze, monumenti, chiese e, soprattutto canali. 
Passiamo di fronte alla Chiesa di Nostra Signora, il cui campanile svetta alto e magnificente sulle deliziose vie intorno, siano queste di ciottoli o di acqua. Le seguiamo fino a rimanere stregati di fronte al canale di Rozenhoed cui dà profondità d’immagine la straordinaria vista del Belfort, la torre civica che s’affaccia sul Markt, la piazza principale della cittadina che, complice la meravigliosa giornata, sembra ancor più bella di quanto già non sia.

Rare volte l'uomo si inserisce da Dio nel contesto naturale

Il cielo terso è frastagliato da nuvole bianche che si rincorrono, rendendo tutto più magico e straordinario. Quando si dice che gli effetti speciali ce li mette il Creatore e che, nonostante tutti i nonostante, Madre Natura continua a farsi bella per noi.

Mi concedo, as usal, un breve inciso che non c’entra un cazzo.
Qualche settimana prima del matrimonio avevo accompagnato il nostro fotografo, Francesco Boni, un brillante ragazzo di Formigine, a condurre un sopralluogo laddove si sarebbero svolti i main events della cerimonia: il Castello di Montecuccolo e il casale di Serra Parenti. Era una giornata come questa e Boni s’era, e m’aveva, augurato che per il sabato del matrimonio il tempo potesse essere uguale perché non ci sarebbe stato niente di meglio di potere scattare foto con un cielo così, “in movimento” come aveva detto lui, scosso da nubi miti ed immacolate che imbiancavano a chiazze il blu limpido del cielo.
Oggi è proprio così: Instagram non serve, tutte le foto sono strepitose, no filter e no matter what.

Il mio compagno di running nonché videomaker Dom. Boni e il mio più grande insegnante di chitarra (nonché bassista) Barra

Bruges è una delle principali patrie della birra, delle patatine e del cioccolato. A noi interessa solo la prima proposta e, scelta una delle tante brasserie/birrerie che si incontrano lungo le calli di questo esteso borgo medievale, ne approfittiamo per calarci nella parte dei bevitori seriali.

Peccato aver fatto una scelta così: il nome era promettente

A dire la verità le tanto decantate birre belghe a me hanno sempre detto poco o niente, le ho sempre trovate parimenti care e disgustose. Non mi è mai stato troppo chiaro se fosse un problema mio o se fosse piuttosto l’inflazionato atteggiamento a prescindere ad averle trasformate in una psicosi collettiva non meglio definita. 
A Pavullo c’è un pub, molto famoso, in cui servono prevalentemente birre provenienti dal Belgio, accuratamente scelte dal gestore. Costano una tombola e sanno di Cif: malgrado questo vanno per la maggiore. Tant’è, e credo che ci sia una forte correlazione tra le due cose, un sacco di ragazzi del paese compie spedizioni alla volta delle abbazie “trappiste” e delle città belghe, così da visitare quelli che sono diventati i loro privati luoghi del mito.
Nonostante i miei pregiudizi e l’avversione culturale che ho maturato in anni di frequentazione del suindicato pub, in cui non son mai riuscito a farmi piacere alcuna birra se non una di importazione ceca, pur sorvolando col sopracciglio il prezzo a listino e guardando di sottecchi il cameriere di turno, ordiniamo una Duvel ed una Tripel Karmeliet

Ascolto consigliato: We know we can't go back - Noel Gallagher's High Flying Birds

Ci son due cose che non posso fare senza mettere in mezzo Noel Gallagher: compilazioni musicali e articoli di blog

Esistono cose per cui basta un attimo. Per esempio accorgersi d’essere un coglione. Oppure rendersi conto d’essere di un’ignoranza sensazionale, che è poi la stessa cosa. E lo capisco nell’esatto momento in cui il camarro mi svuota la birra in un caratteristico bicchiere. È come se osservasse un preciso rituale e non potesse permettersi di sbagliare. Realizzo che per questa gente la birra è una faccenda dannatamente seria: in fondo siamo turisti, potrebbero anche darci da bere, prendere i soldi e arrivederci al cazzo. Invece, nonostante il locale sia gremito in ogni ordine e posto, è sacro il tempo perché la Duvel venga spillata correttamente dalla bottiglia e un ricco cappuccio di schiuma bianca riempia lo speciale boccale, appositamente realizzato dalla casa produttrice per metterne in risalto tutta la brillantezza. Anche per la Tripel Karmeliet di donna Ilenia viene rispettata una meticolosa procedura e anche in questo caso il risultato finale è un successo.
Brindiamo alla nostra salute e al viaggio di nozze, contenti che tutto stia procedendo per il meglio e che ormai si sia completamente in ballo e non ci rimanga che ballare.

Acsè!

Studio la piccola fiaschetta, la qualità, la quantità desiderata, la gradazione e il colore, processo i dati e confronto con il prezzo. In effetti se non costano poco un motivo c’è: per quanto possa starci simpatico, questo non è il Baffo Moretti, di queste birre si pagano il gusto e la lavorazione che c’è dietro. Con buona ragione, mi tocca dire! E tra parentesi: sta' a vedere che mi devo ricredere anche sul famoso pub!
Tuttavia, convinti che, al di là di tutta la poesia di fondo, si tratti pur sempre di birra, decidiamo di bissare il giro, confortati anche dal fatto che raddoppiare trentatré centilitri anche se graduati otto e otto e mezzo non possa certo ammazzarci. E poi -e nella fattispecie l’Ile- siamo vaccinati da anni ed anni di esperienza nel ramo.
Il nostro si rivela un errore capitale. Non so cos’abbia sottovalutato mia moglie ma io di certo non ho tenuto presente che la parola “Duvel” assomigli un po’ troppo a “Devil”, "Devil" al dialettale "Dievel" e "Dievel" a "Diavolo", e che forse ciò potrebbe costituire un avvertimento di cui prendere buona nota. Inoltre abbiamo fatto i conti senza l’oste che, al momento di segnare l’ordinazione, ci guarda come -spoiler alert- qualche giorno dopo ci avrebbe guardato un gestore di tutt’altro affare ad Amsterdam. Non capiamo che a coppe comanda lui e, ostinati a proseguire in quello che ci sembra un brillante piano, decidiamo di parare eventuali contraccolpi alcolici con un waffle, incuranti della giudiziosa teoria del mio best man Berta, il quale è uso ripetere che “fare fondo dopo non serve a un cazzo”: equazione sempre verificata.

La supplementare razione di gradi, apparentemente inoffensiva, si materializza nell’esatto momento in cui ci alziamo in piedi e, di comune accordo, stabiliamo che l’eventuale mezz’idea di una pennichella pomeridiana possa, anzi, debba diventare intera. Ci avviamo verso la branda, decisi a tornare all’attacco nottetempo, verso ora di cena.
Tuttavia la strategia si rivela sbagliata perché tra le otto e trenta e le nove troviamo chiuse quasi tutte le cucine. Fortunatamente però, dopo aver rischiato di rimanere con il cerino in mano, ci imbattiamo in un quartiere nascosto dietro il Rozenhoed, in cui i ristoranti, covi di volpi bellamente intenzionate a pelare gli improvvidi visitatori affamati, sono ancora aperti.

Non so se sia chiaro: le patatine sono home made

Infatti in giro c’è pochissima gente e la temperatura, complice l’umido che sale dai corsi d’acqua, s’è abbassata di netto e la notte è brumosa. La fiumana di turisti che aveva preso d’assalto la città si è volatilizzata.

I fratelli Grimm, ideali ed inseparabili compagni di viaggio

Viene quasi da pensare che tutta la gente di prima sia salita a bordo delle chiatte che solcano i canali e abbia fatto ritorno verso casa. Meglio così perché se Bruges è suggestiva di giorno, di notte diventa incantevole, quasi fosse un villaggio senza tempo uscito direttamente da una favola dei Fratelli Grimm, dove i cavalieri dei calessi sostano lungo le stradicciole per dare la biada ai propri cavalli alla fine della giornata.

Ascolto consigliato: Hoppipolla - Sigur Ros

Una canzone magica per una città fiabesca.
Un giorno mi stancherò di guardare questo video, ma non è questo il giorno

Ci sono fotografi amatoriali e professionisti che, armati di macchina e cavalletto, si sono posizionati lungo i ponti e le passerelle per scattare foto ai canali, che riflettono le luci delle case e degli scorci illuminati della città. Ne verranno certamente immagini fatate, perché io stesso, che non ho altro mezzo se non il mio smartphone, rimango basito nel constatare che non ho bisogno di alcun filtro o alcuna correzione per migliorare le mie fotografie. Sono scatti così belli che sembrano banali, delle vere e proprie cartoline.

Non è difficile pensare che sia Patrimonio dell'Unesco

Note a margine. 
Val la pena fermarsi in una qualche bottega folkloristica per fare scorta di birre belghe, magari alla sera quando stanno per chiudere e non c’è più la ressa di visitatori che durante il giorno comprano qualsiasi puttanata si pari loro davanti. Donna Ilenia fa incetta di luppolo da portare a parenti, amici e benefattori vari.

Immagine trovata su http://horecagids.be/specialiteiten-de-biertempel-in-brugge/

Pro: può anche darsi che per qualche scherzo del destino parte di quella birra diventi mia.
Contro: già la povera Punto era più stipata della stiva di una nave cargo, ora non c’è più lo spazio nemmeno per una penna stilografica. Senza contare poi che, tra armi e bagagli vari, non so quante botte potranno prendere queste nuove e gradite compagne di viaggio.

Tornando a noi. 
Dopo esserci riposati, alla mattina approfitto di un momento di licenza matrimoniale per entrare nella Chiesa di Nostra Signora per una preghiera di ringraziamento: tutto è andato e sta andando per il meglio. Mi sembra il minimo render grazie di tutta questa fortuna prima di proseguire il viaggio. 
La chiesa -e fa strano- è tanto maestosa fuori quanto povera di bellezza, quasi scarna, al suo interno. Non so, sarà l’architettura, la predominanza di bianco e la troppa luce ma certo non è nulla di eccezionale. Tuttavia la mia attenzione viene rapita da una statua di marmo raffigurante la Madonna col bambino. È di una bellezza disarmante, di un’eleganza scultorea al limite della perfezione stilistica. Mi si attiva qualche neurone in testa, come se sapessi di aver già visto questa statua da qualche parte, e cerco di riesumare qualche nozione di Storia dell’Arte che tuttavia temo di aver rimosso il giorno dopo l’esame orale di quinta Liceo. 


Eppur si muove, sento che qualcosa nei meandri della mia mente sta cercando di riaffiorare. 
Dov’è che ho già visto questa scultura di marmo? 
Perché mi sembra di conoscerla? 
E poi, se è realmente qualcosa di straordinario, come mai ci sono così poche persone ad ammirarla? 
Le risposte sono molto meno poetiche di quanto creda e sono molto più pratiche. Può anche darsi che l’abbia studiata a scuola ma il mio ricordo è di celluloide e va ricondotto al film Monuments Men (in vero una pellicola di merda con una storia straordinaria), e al suo momento più toccante, quando il protagonista Frank Stokes, interpretato da George Clooney, trent’anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale si ritrova nella Chiesa di Nostra Signora insieme al nipotino, commosso nel rivedere La Madonna col Bambino di Michelangelo, quella stessa statua che, grazie all’aiuto del reparto speciale da lui comandato, era riuscito rocambolescamente a mettere in salvo dai Nazisti.


Immagine presa da http://blog.ilgiornale.it/giani/2014/02/12/monuments-men-tra-tesori-perduti-come-sbiaditi-indiana-jones-dellarte/

Al di là della storia di questa scultura, tremendamente legata alla Storia con la S maiuscola, penso a quanto sia sorprendente imbattersi, senza saperlo (Mea culpa! Mea culpa! Mea maxima culpa!), di fronte ad un’opera d’arte fiorentina lontana migliaia di chilometri dall’Italia e rimanerne inconsapevolmente attratto, come se fosse scattata una scintilla, o come se, in per qualche inspiegabile ragione, sapesse di casa, parlasse la mia stessa lingua: un comune idem-sentire umano ancor prima che artistico. Ma sopra ogni altra cosa l’effetto più grande è quello estetico, la potenza espressiva che può raggiungere un capolavoro, la bellezza prima di tutto, la bellezza che, come scriveva Dostoevskij, avrebbe sempre salvato il mondo. Non so se sia così ma di certo è qualcosa che permette di riconciliarcisi, di pacificare l’animo, di scoprire che ci si può ancora commuovere per qualcosa che in fondo è vivo, ma lo è solo nei nostri sensi. 
Riguardo il perché ci siano così pochi visitatori a contemplarla, non so rispondere: sarà l’orario o, forse, la gente, proprio come me, è profondamente incompetente e non sa nemmeno cosa guarda.
Soprattutto però non sa che storia pazzesca si perda e che val la pena leggere qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Madonna_di_Bruges

Stiamo per lasciare il Belgio alla volta dei Paesi Bassi: si va ad Amsterdam.
Il bilancio, sia quello turistico che quello finanziario, è buono. Bruges è molto più economica sia di Bruxelles che di Parigi, e i prezzi, sia quelli dell’albergo che dei parcheggi e del vitto in generale, sono molto più popolari rispetto a quelli delle due capitali.

Un bel pezzo di casa anche qui. Quale strumento di tortura fosse quello sotto, Dio v'al déga

Prima di venire in Belgio, sapevo davvero poco di questa Nazione. Anche a livello musicale che, al pari del calcio, è ciò che mi permette di conoscere sempre qualcosa di più degli Stati che non ho mai visitato, il mio immaginario personale era piuttosto misero: Vincenzino Scifo, i dEUS, i 2 Many DJs e il film Bruges, la cui visione ho inserito tra i to do’s una volta che saremo tornati a casa. Fine della fiera.

Ascolto consigliato: Kids (MGMT) - 2ManyDJ's

Cosa darei per poterla ballare almeno una volta nella vita ad un qualche festival estivo in Europa

Ora me ne vado, ce ne andiamo, con occhi e sentimenti profondamente mutati da quello che abbiamo visto e vissuto. Ripenso a quello che mi aveva detto Laura, l’autostoppista che avevo caricato molti anni addietro sulla Via Vandelli, tra Maranello e Pavullo. Non sono sicuramente arrivato ad intendere appieno le sue parole ma qualcosa, specie se raffrontato con una canzone dei dEUS, rimane.

Un apparente senso di quiete nelle persone, nel clima, nel cielo e nell’architettura. E poi, all’improvviso, qualcosa che stride con tutto questo: l’inaspettata ma controllata durezza nella severità di alcuni volti, il freddo avanti sera, le chiese spoglie e disadorne, la sfarzosa rigidità delle residenze signorili. Una percezione del benessere che tende a mutare come il tempo, quasi che, davvero, la pioggia intorpidisse la bellezza dei pensieri, dello star del credere e delle cose in generale.

Ascolto consigliato: For the roses - dEUS

Saremo per sempre grati a Checco per averci fatto conoscere i dEUS

Continua...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...